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Ultimissime (Archivio)

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"Effetto serra": Tutta la verità scientifica di Giorgio Prinzi
I francescani di Assisi preferiscono Pecoraro Scanio al Papa di Riccardo Cascioli
"Se crollasse la diga delle bufale" "L'ideologia verde non è soltanto artefatta, è anche dannosa per l'ambiente" di Antonio Gaspari (da Il Domenicale n° 5 del 3/2/2007)
Fine dell'era glaciale di Antonio Gaspari (da Il Domenicale anno 6 n° 2)
Crisi elettrica in California: tanto vento per poca energia di Marco Romano (da GWN)
Apocalittici & ecologisti, quante bugie! di Maurizio Blondet
Manifestazione a Roma di 100.000 cacciatori - 1° Settembre 2006
Ancora una volta la CONFAVI dimostra di saper dare il buon esempio
I gabbiani sono veicoli di inquinamento di Antonio Gaspari (da GWN n° 15 del 2005)
Animali e uomini, chi è più importante? di Antonio Gaspari (da GWN n° 12 del 2002)
Cinghiali, cervi, caprioli e daini: adesso sono troppi di Antonio Gaspari (da GWN n° 12 del 2002)
Fulco Pratesi condannato dalla Corte dei Conti di Antonio Gaspari (da GWN n° 6 del 24-2-2004)
Sacrificando Tassi si vuole evitare lo scandalo, ma i nodi stanno venendo al pettine di Antonio Gaspari (da GWN n° 6 del 24-2-2004)
Gli ultimi rintocchi? di U.D.
Il porcanzo di Domenico Ubaldi
...........e fu il silenzio! di Domenico Ubaldi
Come t'invento il nemico di Domenico Ubaldi
Il teledemente di Benito Nino Bruni
Al direttore de "Il Tempo" di Domenico, Nino, Gianni, Sergio
I giochini di Legambiente di Domenico Ubaldi
Emarginati dalla sinistra illusi dalla destra di Domenico Ubaldi

"Effetto serra": Tutta la verità scientifica

Un articolo di Giorgio Prinzi intitolato "Tutta colpa dell'effetto serra?".
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I francescani di Assisi preferiscono Pecoraro Scanio al Papa

San Francesco ridotto a "simbolo religioso del rispetto dell'ambiente", non più di due settimane dopo che il papa aveva chiaramente condannato questa lettura riduttiva della sua figura. E a farlo sono proprio i "custodi" dell'eredità di San Francesco. I frati del Sacro Convento di Assisi il 14 settembre hanno infatti organizzato insieme all'Accademia Nazionale delle Scienze, il convegno "Fratello sole, madre terra", in cui personalità del mondo dell'industria e della scienza hanno fatto da contorno al grande mattatore, il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. il quale si è eretto a vero interprete di San Francesco, ritenendo addirittura "doverosa" una "grande alleanza tra tutte le convinzioni religiose, filosofiche e politiche a tutela dell'ambiente".

Pochi giorni prima, il 1° settembre, giornata che la CEI ha dedicato alla salvaguardia del Creato, lo stesso Pecoraro Scanio aveva risposto da par suo a papa Benedetto XVI che il giorno prima aveva detto basta a questo stereotipo di San Francesco "ecologista e pacifista". "E' vero - aveva detto Pecoraro -, San Francesco è anche un progressista e un democratico (...) ma per noi è innanzitutto un ambientalista". In realtà il Papa aveva detto che San Francesco è innanzitutto "un uomo convertito", ovviamente a Cristo.

Due posizioni contrapposte, ma i francescani di Assisi preferiscono evidentemente quella di Pecoraro Scanio, se è vero che padre Vincenzo Coli, custode del Sacro Convento, intervenendo al convegno ha detto – citiamo dall'agenzia ANSA – che Francesco (per ossequio a Pecoraro è caduto anche il San) "è attualissimo perché ci richiama a dei valori, a degli ideali ma anche alla conoscenza dei bisogni che esigono una vita molto più seria, molto più attenta a noi stessi e agli altri". Ecco, ciò che conta non è la conversione, l'amore a Cristo, da cui certo discende anche una concezione del Creato, ma i valori, lo stile di vita, il curare la natura.

Dobbiamo dirlo chiaramente: è scandaloso che questa opera di paganizzazione venga perseguita dall'interno della Chiesa e che la stessa figura di San Francesco sia tradita e sminuita dai suoi figli. Come è sorprendente che nessuno abbia replicato al fatto che Pecoraro Scanio abbia auspicato che "proprio da Assisi possa partire un'idea, già lanciata alla Conferenza Episcopale Italiana, di mettere i pannelli fotovoltaici in tutte le chiese e le parrocchie d'Italia".

Il fatto è che il problema non è soltanto dei francescani: l'idea di cui parla Pecoraro Scanio è stata lanciata nel giugno scorso al Forum internazionale dei giornalisti cattolici organizzato da Greenaccord (http://www.greenaccord.it) organizzazione che ha certamente dei buoni agganci cojn esponenti di rilievo della Chiesa italiana. E ci sono anche alcune Caritas locali (vedi Andria) che finanziano impianti a energia solare con i soldi destinati alla carità. Sia ben chiaro: non è in discussione la legittimità di usare alcuni impianti energetici anziché altri se questo è più conveniente per diversi motivi; il problema sorge quando questo diventa il centro dell'annuncio e le stesse indicazioni pastorali vengono ridotte a presunti modelli etici che ricalcano alla lettera i progetti delle organizzazioni ambientaliste che – sia detto tra parentesi – promuovono una concezione dell'uomo e dell'ambiente profondamente anti-cristiana.

Riccardo Cascioli

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"Se crollasse la diga delle bufale" "L'ideologia verde non è soltanto artefatta, è anche dannosa per l'ambiente"

Il governo, la cura, lo sviluppo e l'accresciuta sensibilità nei confronti del creato è sicuramente un fenomeno che indica un più alto livello di civiltà e una maggiore attenzione ai diritti della persona e degli esseri non umani.
In termini di rilevanza quello che nell'ottocento era la questione operaia e nel novecento la questione sociale è all'inizio del terzo millennio la questione ambientale.
Non c'è infatti attività economica, scientifica e tecnologica, che non debba e non possa tener conto dell'impatto ambientale e delle sue implicazioni per il bene comune.
Lo sviluppo e la qualità della vita dipenderanno sempre di più dal tipo di rapporto che si svilupperà tra attività lavorative umane e l'ambiente inteso come casa e risorsa. Nelle società avanzate, così come nei Paesi in Via di Sviluppo, saranno sempre più ingenti gli investimenti per la risoluzione dei problemi ecologici ed il miglioramento e il progresso della situazione ambientale.
La cultura che ha però caratterizzato l'ambientalismo negli ultimi trenta anni, è stata plasmata e fortemente condizionata da una visione catastrofista e pessimista della realtà economica e sociale.

Il biocentrismo e l'ecocentrismo, presentate come nuove e più avanzate concezioni del rapporto tra umanità e ambiente si sono rivelate funzionali ad una ideologia radicale che in nome di una presunta difesa di flora e fauna ha indicato nell'uomo il “cancro del pianeta”.

In questo contesto la crescita demografica, il miglioramento delle condizioni di vita, le attività lavorative ed economiche intraprese dall'umanità sono state descritte dall'ideologia verde come la più grande minaccia alla sopravvivenza del pianeta. E per questo sono stati disegnati e diffusi per decenni scenari catastrofici quali la bomba demografica, i cambiamenti climatici, la scomparsa delle foreste e della biodiversità, con l'intento di spaventare la popolazione e costringerla ad accettare misure di riduzione e selezione delle nascite, nonché misure di austerità economica quali l'enorme incremento dei prezzi dei combustili, nuove tasse planetarie come la carbon tax, multe e pesanti limitazioni allo sviluppo infrastrutturale.

Le Bugie raccontate dall'ideologia ambientalista

Con l'intento di farsi sentire, i Verdi hanno fin dalla fine degli anni sessanta, hanno cominciato a raccontare bugie.

Per decenni hanno detto che la crescita della popolazione era più minacciosa di una bomba atomica. Hanno previsto che saremo stati 8 miliardi nel 2000.
Non era vero nulla, e il problema oggi è che abbiamo le culle vuote e l'inverno demografico.
Hanno detto che le foreste stanno scomparendo, ma tutti i rapporti nazionali e le più recenti rilevazioni satellitari mostrano che le foreste stanno crescendo.
Hanno detto che i mari si sarebbero innalzati, e che l'Adriatico sarebbe arrivato fino a Mantova, ma il Mediterraneo sta calando.
Hanno detto che le specie stanno scomparendo ma sono molte di qui quelle che si scoprono ogni giorno e molte di quelle che si consideravano estinte, sono state ritrovate.
Hanno detto che l'energia nucleare era l'apocalisse, ma il nostro Paese vive con l'energia nucleare prodotta in Francia e l'Enel ha acquistato impianti nucleari in Slovacchia.

Hanno detto che il processo di urbanizzazione e di industrializzazione cancella il verde, ma la superficie boschiva nei paesi più sviluppati non è mai stata così vasta e florida.
Hanno detto che che gli inverni sono troppo miti e che avanza siccità e desertificazione. Ma solo l'anno scorso, ha nevicato in Sicilia ed anche a Gerusalemme. E i rilevamenti satellitari indicano un arretramento del deserto del Sahara.
Hanno detto che le città sono invivibili ma sempre più animali selvatici le preferiscono alla campagna.
Hanno detto che la società moderna è troppo inquinata ma la popolazione non è mai vissuta così a lungo.
Hanno detto che solo gli ambientalisti sanno gestire i Parchi, ma la Corte dei Conti ha condannato Fulco Pratesi e Franco Tassi per la gestione dissennata del parco Nazionale d'Abruzzo

I nsomma, gli esponenti dell'ideologia verde ci hanno raccontato e continuano a propagandarci un sacco di bugie. Le raccontano con estrema serietà, le accompagnano con scenari catastrofici e drammatici per influenzare l'opinone pubblica, i mass media e spaventare le persone.
Si oppongono a ogni nuova costruzione, impianto industriale, o nuova coltivazione. Dopo aver detto no al nucleare, dicono no ai termovalorizzatori, ai rigassificatori, e anche all'energia eolica.

Non vogliono nuove strade ma si oppongono anche alla ferrovie e quindi niente TAV. Nessuna costruzione umana è ammessa, persino un auditorium è diventato una minaccia per l'ambiente.

L'unica industria che i verdi ammettono e sostengono è quella delle “paure”. (vedi “Le Bugie degli Ambientalisti” (Piemme 2004) e Le Bugie degli ambientalisti 2” (Piemme 2006).

Frenano lo sviluppo e danneggiano l'ambiente

C'è un aspetto dell'ideologia verde che manifesta evidenti contraddizioni e paradossi.

L'opposizione sistematica e pregiudiziale allo sviluppo delle attività umane, danneggia non solo l'umanità ma anche l'ambiente.

Da questo punto di vista è drammatico e paradossale quanto accaduto a New Orleans il 30 agosto del 2005, quando l'uragano Katrina ha fatto cedere gli argini sul lago Pontchartrain provocando oltre un migliaio di morti e devastando l'intera città e zone circostanti.

In quell'occasione la quasi totalità dei movimenti ambientalisti accusò l'amministrazione Bush di essere la causa del disastro perché non aveva ratificato il protocollo di Kyoto.

L'accusa era però ridicola, visto che fu sotto l'amministrazione Clinton che il senato americano respinse la ratifica del Protocollo di Kyoto con una maggioranza di 95 voti contrari e 0 favorevoli, e soprattutto la ratifica del protocollo non avrebbe influito in nessuna maniera sull'origine e sugli effetti dell'uragano Katrina.

Lo stesso uragano avrebbe provocato pochi danni se gli argini, sul lago Pontchartrain, non avessero ceduto.

Ma quello che non si sapeva è che furono proprio le associazioni ambientaliste a impedire nel 1977 la costruzione di alcune dighe ben più forti, spesse ed alte, di quelle che hanno ceduto.

A raccontare la storia di quanto certe politiche verdi possono provocare danni all'uomo e all'ambiente è stato John Berlau, un giornalista statunitense che ha recentemente vinto il prestigioso premio del National Press Club, per “Eccellenza in giornalismo politico”.

Nel libro recentemente pubblicato “Eco-Freaks – Environmentalism is hazardous to your health” Berlau che è anche Fellow in Economic Policy al Competitive Enterprise Institute, ha raccontato che nel 1977 era stata approvata dalla stessa EPA (Envirnmental Protection Agency) la costruzione di una serie di argini ben più poderosi e alti di quelli che hanno ceduto.

Ma due associazioni ambientaliste l'Environmental Defense Fund (ora Environmentale Defense, la stessa che fece la campagna per vietare l'uso del DDT) e Save Our Wetlands, scatenarono una forte opposizione, sostenendo che la costruzione di queste dighe avrebbe messo in pericolo la vita di una specie di pesce perché avrebbe limitato il tipo di flora e fango originario.

Non ci furono studi che provarono quanto la costruzione delle dighe avrebbe influito sulla vita di queste specie di pesci, ma la campagna di propaganda ebbe effetto e il piano di costruzione delle dighe venne cancellato.

A distanza di 30 anni, possiamo constatare quanto è costata in termini di vite umane e danno ambientale, la politica verde del “non fare”.

Un altro fatto paradossale si è verificato Italia quando il 28 novembre 2006 in Commissione Agricoltura presso la Camera dei Deputati il Presidente Marco Lion (Verdi) ed altri della sinistra hanno appoggiato la richiesta di innalzare il livello di fumonisine nel mais previsto dal regolamento comunitario 856/2005.

Tale richiesta è un vero scandalo perché le fumonisine sono tossine e innalzarne la soglia significa mettere in pericolo la salute dell'uomo e degli animali.

Le fumonisine sono una famiglia di tossine prodotte da un fungo che cresce come parassita nei campi di mais. Esse causano gravi sintomi patologici negli animali intossicati, soprattutto a livello di fegato, colpiscono con gravi danni cerebrali nel cavallo, con edema polmonare e diminuzioni di crescita ponderale nel suino, nefrotossicità in ratto, coniglio, agnello e vitello.

Nell'uomo sono accertati effetti neurotossici e citotossici. Inoltre, è stata recentemente osservata una possibile correlazione tra l'assunzione di fumonisine e il tumore all'esofago in Sud Africa e in Cina; negli anni '90 sono stati ottenuti dati simili per l'Italia nord-orientale, regione ad alto consumo di prodotti derivati dal mais. Al momento queste tossine sono state inserite dall'International Agency for Research on Cancer (IARC) nel gruppo dei possibili cancerogeni.

Ma perché i Verdi che da sempre invocano il “principio di precauzione” per impedire ogni tipo di sviluppo, questa volta hanno chiesto addirittura di innalzare la soglia delle fumonisine?

Questo atteggiamento contraddittorio si spiega solo con l'opposizione cieca, irrazionale e preconcetta dei Verdi contro le piante OGM (organismi geneticamente modificati).

Infatti le soglie fissate dal regolamento UE per le fumonisine possono essere rispettate piantando mais geneticamente modificato (GM) che difendendosi da sé dai parassiti riduce la produzione di funghi che danno origine alle tossine.

L'ostracismo dei Verdi nei confronti degli OGM rivela oltremodo quanto l'ideologia ecologista sia contraria allo sviluppo e dannosa per la salute dell'umanità e dell'ambiente.

Intervistato di recente da La Stampa (12 gennaio 2007) il Ministro dell'Agricoltura brasiliano Luis Carlos Guedes Pinto ha rivelato che nel suo paese anche i Sem Terra utilizzano semi e coltivano mais OGM perché: “consentono di usare molti meno pesticidi, costano meno, producono di più, inquinano meno”. Eppure in Italia per gli OGM è vietata la sperimentazione in campo, è vietata la coltivazione ed è vietata la vendita, con grave danno per la nostra ricerca, per i coltivatori e per i consumatori.

Gli ideologi verdi sostengono che i consumatori non ne vogliono sapere di prodotti OGM, ma se è così perché ci si preoccupa tanto per vietarne la sperimentazione, l'uso ed il consumo?

Così mentre più nel mondo 10,3 milioni di agricoltori coltivano piante GM con 102 milioni di ettari coltivati, l'Italia continua a credere all'ideologia ecologista e chiede di aumentare le soglie per le sostanze tossiche.

Antonio Gaspari
(da Il Domenicale n° 5 del 3/2/2007)

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Fine dell'era glaciale

C'è un unica industria che gli ecologisti iettatori e catastrofisti non vogliono chiudere e che anzi incentivano continuamente ed è quella delle paure.

E' bastato avere un inverno con temperatura superiori alla media stagionale per scatenare gli scenari più apocalittici.

Le cassandre Verdi urlano impazzite: la Terra è rovente, stiamo per entrare nell'anno più caldo del millennio, i ghiacci si scioglieranno, i mari si solleveranno, rischiamo l'invasione di insetti, i campi agricoli diventeranno deserti, fame, carestie e malattie colpiranno l'umanità, e sono diversi coloro che si esercitano a prevedere quale sarà l'anno in cui la vita scomparirà sulla Terra.

Eppure se si ha il coraggio e la serenità di guardare la realtà senza essere influenzati dalla propaganda ecologista, è facile constatare che l'inverno mite apporta notevoli benefici sia alla qualità della vita che al benessere ambientale.

Un inverno meno freddo riduce enormemente le spese ed i consumi di combustibili utilizzato per il riscaldamento delle abitazioni e degli edifici pubblici e privati. In termini economici la riduzione dei consumi sta favorendo il calo del prezzo del greggio sui mercati internazionali.

Dal punto di vista ambientale il minor consumo di combustibili, riduce le emissioni gassose e la produzione di polveri. In merito alla sanità i medici sostengono che a causa della clima mite, l'influenza di stagione per questo inverno, è stata messa fuori gioco. Ci potrebbe essere un picco influenzale a metà febbraio, ma con effetti molto attenuati.

Così come non è vero che flora e fauna soffriranno per l'inverno più mite, al contrario ne beneficeranno.

Luce e calore favoriscono la vita mentre freddo e buio la limitano. Con inverni più miti, volatili appartenenti a specie rare vengono a svernare in Italia. Agli animali come all'uomo piace il tepore, e per gli uccelli che vengono dal Nord fermarsi nel Mediterraneo è un vero godimento. Anche i trasporti beneficiano dell'inverno mite. Meno neve, ghiaccio e nebbie rendono più sicura la guida degli automezzi e riducono i rischi ed il numero di incidenti.

In termini globali poi, se il fenomeno non si limiterà solo a questo inverno, si può pensare alla possibilità di aprire la rotta che collega l'Atlantico al Pacifico passando attraverso l'arcipelago artico, il mitico passaggio a Nord Est. Se una tale opportunità diverrà praticale, i commerci tra New York e Tokio si ridurranno di 7000 chilometri, con enormi vantaggi per la riduzione dei consumi di combustibile e per le opportunità economiche che si apriranno su coste e territori attualmente impraticabili per le bassissime temperature.

Se la temperatura media salirà le coste di Alaska, Canada, Russia, Svezia, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Islanda e Groenlandia, potrebbero liberarsi in parte dai ghiacci, favorendo la vita e lo sviluppo non solo di attività lavorative ma anche di una rinnovata e arricchita biodiversità.

L'ideologia ecologista guarda all'aumento della temperatura della Terra come alla più catastrofica degli eventi. In realtà, come dimostra la storia del Pianeta, la vita precedente di flora e fauna e quella successiva dell'umanità, si è sempre sviluppata in periodi pari se non più caldi di quello odierno.

Durante il Mesozoico, (da 245 a 65 milioni di anni fa) quando la Terra era popolata dai dinosauri ed erano sorti enormi boschi di conifere, la temperatura era di circa dieci gradi superiore a quella odierna. L'uomo di Similaun, (datato 5.500 a.C.) faceva parte di una popolazione di cacciatori e pastori che viveva sulle Alpi a quote comprese tra i 2-3000 metri di altitudine , vestendo abiti leggeri. Secondo i paleontologi che hanno studiato la civiltà Camusa, giunta al suo massimo sviluppo nel 3000 a.C., in quel tempo il clima in Val Canonica era subtropicale umido.

Nella primavera del 218 a.C. Annibale attraversò le Alpi con 40.000 uomini e numerosi elefanti. Non esistevano gallerie, e di certo non c'era neve sui passi alpini.

In tempi più recenti tra l'XI e il XIV secolo si verificò un marcato ritiro dei ghiaccia alpini e della Groenlandia. Le temperatura si era così alzata che era possibile coltivare la vite persino in Inghilterra e in Norvegia.

Insomma, la storia del pianeta e dell'umanità è stata caratterizzata da periodi molto più caldi di quello attuale, ma non si sono verificate le catastrofi di cui si oggi si paventa l'arrivo.

Una grande parte della comunità scientifica internazionale sostiene inoltre che non è affatto dimostrato che sia l'umanità con le sue attività lavorative e le emissioni di anidride carbonica a determinare il riscaldamento del pianeta.

In un convegno che si è svolto in settembre, al Royal Insititute of Technology (KTH) di Stoccolma, un gruppo di autorevoli climatologi di fama internazionale ha stilato un documento in cui indica le certezze e solleva i dubbi circa la teoria del riscaldamento globale, indicando le linee di ricerca da seguire per comprendere e valutare l'attuale fase climatica.

Al convegno hanno partecipato circa 120 esperti provenienti da 11 Paesi, i relatori erano tutti docenti di istituzioni tra le più prestigiose tra cui il Max Planck Institute for Meteorology, di Amburgo, l'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (USA), il The Swedish Meteorological and Hydrological Institute (SMHI) (Svezia) il Centre of Sun Climate Research e il Danish National Space Research (Danimarca), il Natural History Museum, Department of Geology University of Oslo (Noirvegia), Il Laboratoire de Climatologie, Risques, Enviroment Francese, il Marine Geophysical Laboratory Australiano.

Gli scienziati registrano che il pianeta sta vivendo dal 1860 in un periodo relativamente mite, ma che non esistono prove sufficienti per dimostrare che ciò sia a causa delle attività umane. Ricordano che tra il 1940 ed il 1970 c'è stato un raffreddamento, il chè contraddice la teoria secondo cui la temperatura cresca parallelamente all'aumento dell'anidride carbonica.

I dati disponibili mostrano che dal 1970 la temperatura media del Pianeta sarebbe cresciuta di circa 0,3 gradi centigradi, ma secondo i climatologi riuniti a Stoccolma, questo sarebbe da imputare a fenomeni naturali ed in particolare alle variazioni dei cicli solari, ed ad altri fenomeni complessi come il calore terrestre e l'influenza degli oceani sul clima, la cui conoscenza è parziale, e che non sono stati presi in considerazione nei modelli di calcolo utilizzati.

I sostenitori della teoria del riscaldamento globale sostengono che la Terra abbia la febbre perché le attività umane producono troppi gas serra, soprattutto anidride carbonica (CO2). Gli scienziati replicano sostenendo che di tutti i gas serra la CO2 rappresenta solo il 2 per cento. E casomai bisognerebbe studiare l'andamento del vapore acqueo che costituisce circa il 90 per cento dei gas serra.

In ogni caso le attività umane (tutte, anche quelle di normale respirazione) rappresentano il 4 per cento del totale dell'anidride carbonica emessa in atmosfera. Il 96% della CO2 è infatti di origine naturale. Basta pensare ai vulcani. In una sola eruzione il Monte Merapi in Indonesia ha emesso una colonna di anidride carbonica alta più di tremila metri. Ed i vulcani in attività nel pianeta sono almeno 1500.

Quindi se il problema è la CO2, non è certo il contributo antropico a determinare il clima.

Per aver un idea delle dimensioni delle forze in campo, gli scienziati ricordano che la Terra ottiene luce e calore dal Sole, la stella in continua esplosione termonucleare, il cui raggio all'equatore è pari a più di 100 volte quello della Terra e la cui massa è 743 volte quella totale di tutti i pianeti che gli girano attorno. Ogni pur piccola variazione della temperatura e delle radiazioni del Sole hanno un effetto immediato e significativo sull'intero sistema solare, sul sistema climatico e di regolazione della temperatura terrestre.

Per questo motivo, i climatologi riuniti a Stoccolma hanno affermato che le politiche che prevedono la “Carbon Tax” e il commercio sulle quote per la riduzione delle emissioni, sono costose, inefficienti e ininfluenti sul sistema globale. Inoltre, sottolineano gli scienziati, tali politiche “possono favorire l'abuso da parte delle parti coinvolte” per fini ideologici e commerciali.

Antonio Gaspari
(da Il Domenicale anno 6 n° 2)

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Crisi elettrica in California: tanto vento per poca energia

Howard C. Hayden, Professore Emerito di Fisica all'Università del Connecticut e autore del libro “Solar Fraud2” ha scritto, sulle pagine web del The Science & Environmental Policy Project (www.sepp.org ), un articolo che illustra con dovizia di particolari l'inaffidabilità degli impianti eolici. Il suo ragionamento parte da una semplice considerazione: se da secoli e secoli esistono i mulini a vento perché la tecnologia delle centrali eoliche ha tardato tanto ad affermarsi? Non interessa forse alle compagnie produrre energia senza spendere in petrolio o carbone? Evidentemente deve esserci qualche controindicazione.

La California sta vivendo un'imbarazzante crisi energetica: la fiorente economia locale non può fare affidamento sulle circa 3200 turbine eoliche che, insieme, producono soltanto l'1,1% del fabbisogno d'elettricità nonostante che questa tecnologia sia stata promossa, sostenuta e sovvenzionata per decenni.

Spiega il Professor Hayden che il vento ha le sue applicazioni, ma non comprende quella di fornire energia costante. Se il vento cade da 16 km/h a 14,5 km/h ¬ una riduzione del 10% ¬ l'energia prodotta si riduce di quasi il 30%. Se, invece, il vento raddoppia la sua velocità (da 16 a 32 km/h) improvvisamente si ha otto volte più energia. Queste condizioni sono dovute semplicemente alla fisica, indipendentemente dal progetto della centrale eolica. Le turbine a vento producono la peggiore qualità di energia elettrica al mondo.

Immaginiamo una turbina capace di lavorare con venti fino a circa 50 km/h. Per la maggior parte del tempo essa lavorerà con venti a 16 km/h producendo un ventisettesimo (meno del 4%) del suo potenziale di elettricità. È come avere il motore di un bolide sulla falciatrice da giardino.

Neanche se la California avesse cento volte le turbine che effettivamente ha (quindi la bellezza di 320.000 turbine), secondo i calcoli del professore, potrebbe essere garantita la stabilità della rete energetica. Nei momenti di bonaccia, poi, non vi sarebbe comunque elettricità e dovrebbero intervenire altre fonti d'energia. In generale è dunque impensabile chiudere le centrali elettriche a combustibile. Ma non è tutto: nei momenti in cui i venti fossero abbastanza sostenuti da permettere alle 320.000 turbine di girare al massimo del loro potenziale esse produrrebbero cinque volte l'energia di cui necessita la California. In quelle circostanze circa l'80% delle turbine dovrebbero semplicemente essere spente, perché l'energia introdotta nella rete deve essere sempre pari a quella assorbita.

In generale, il lavoro di una turbina consiste nell'estrarre energia dal vento, rallentando il movimento dell'aria. Di conseguenza le turbine devono essere molto distanziate affinché non siano mai sottovento le une alle altre. Gli attuali progetti di centrali eoliche sono tarati tra i 25 e i 100 megawatt. Una centrale da 25 MW consta di un numero di turbine tra 60 e 70, che coprono un'area di circa 6 km quadrati e che producono energia sufficiente al fabbisogno di circa 900 cittadini statunitensi. Anche ipotizzando condizioni di vento ideale (costante e sostenuto), per produrre tanta energia quanta una singola centrale a combustibile da 1000 MW ne produce in un anno, ci vorrebbero 13.000 turbine sparse per circa 1217 km quadrati. Immaginate che quantità di terra coperta da enormi mulini che producono elettricità inaffidabile. E comunque non produrrebbero neanche la metà dell'elettricità usata nell'area metropolitana di Denver.

Marco Romano
(da GWN)

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Apocalittici & ecologisti, quante bugie!

Un pamphlet contro i facili allarmismi dei movimenti che esasperano il discorso in difesa della natura. Si scopre che la polemica sulla bomba demografica è figlia dell'eugenetica, nata non sotto il nazismo ma in Svezia e California. E così si sfatano altri luoghi comuni, come quelli sull'inquinamento e sui cambiamenti di tipo climatico. L'imputato di queste teorie è sempre e uno soltanto: l'uomo. Che diventa un capro espiatorio.

Era il 1968. Paul Erlich, famoso biologo ed ecologista, profetizzò: «Negli anni '70 e '80 centinaia di milioni di persone moriranno di fame». Allora nel mondo c'erano1,8 miliardi di persone che mangiavano poco (meno di 2100 calorie al dì); oggi scese a 411 milioni, un miglioramento del 76%. Nell'84, il Worldwatch Institute annunciò che, causa le piogge acide, "metà delle giovani piante" nelle dense foreste del Vermont stavano morendo. Da allora la ragguardevole superficie boscosa del Vermont (che copre il 77% del territorio) si è ulteriormente estesa di un 15%. Ma la regolare smentita delle loro profezie non induce alla prudenza i profeti di sventure. Nel 2003, il professor Giovanni Sartori, politologo (con pochi titoli come demografo), inveendo contro "i folli che ci vogliono in incessante moltiplicazione" (leggi: Vaticano), ha vaticinato: "Il regno dell'uomo arriverà a malapena nel 2100. Tra un secolo il pianeta Terra sarà morto e gli esseri umani anche". "La catastrofe ecologica, sociale e psicologica del pianeta è ormai alle porte", ha annunciato il Worldwatch Institute nel 2004.

L'agile saggio di Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari : Le bugie degli ambientalisti - i falsi allarmismi dei movimenti ecologisti (Piemme editore, 188 pagine, euro 12,50) è pieno di queste spumeggianti smentite dell'apocalittica ecologica. Così, è istruttivo apprendere che un titolo del Messaggero, il 30 ottobre 1973, gridava: "L'umanità nella morsa dei ghiacciai in aumento". Infatti, nel '73 ci fu spiegato, "la temperatura s'è abbassata in 10 anni di 2 gradi", sicché "l'umanità si trova sull'orlo di una nuova era glaciale". La colpa? Tutta del CO2 prodotto dall'industria umana. Come noto, oggi i ghiacciai si restringono e la temperatura sale: ma per gli scienziati il colpevole è sempre il CO2, causa del funesto “effetto serra”. Ancor più, è utile sapere che il 97,3%% della materia vivente sulla Terra è costituito da vegetali, e solo il 2,7% da animali: e l'uomo è una frazioncina di quel 2,7, sì che tutta la popolazione mondiale potrebbe abitare in Texas, con una villetta per ogni famiglia.

Ma più che in queste divertenti smascherature delle ciarlatanerie e degli allarmismi, il pregio del saggio sta nella limpida rivelazione della genealogia ideologica di questo catastrofismo.

Tutto comincia con la Società Eugenetica, fondata a fine '800 da Francis Galton, cugino di Darwin, e fiero promotore di una "selezione artificiale" che impedisse agli esseri umani "inferiori" di diffondere le loro "tare" ai discendenti. Una cultura per cui nel 1922, molto prima che il Nazismo razzista salisse al potere a Berlino, i socialdemocratici svedesi proposero leggi per sterilizzare handicappati, minorati, e persino miopi e analfabeti; in quegli stessi anni la California castrò con intenti eugenetici circa 20 mila piccoli delinquenti (in genere, neri). Nel '32 in Usa il Terzo Congresso Internazionale di Eugenetica deplorava che in Germania non vigessero ancora divieti legali ai matrimoni misti; la famiglia Rockefeller finanziò lo psichiatra tedesco Ernst Rudin nella fondazione dell¹Istituto Kaiser Wilhelm di Monaco, futuro faro diffusore delle teorie naziste sulla razza superiore.

Il crollo del Terzo Reich avendo reso impresentabile l'eugenismo "attivo", fu elaborata - in ambiente anglosassone - una strategia di rincalzo. O come la chiamò l'eugenista britannico Carlos P. Blacker, "una politica di cripto-eugenetica". La spiegò nel '56 l'americano Frederick Osborne: "Smettiamo di dire alle persone che hanno una qualità genetica inferiore, perché non l'accetteranno mai. Ma fondiamo le nostre proposte sulla desiderabilità di avere figli che nascano in case dove avranno cure responsabili e affettuose". Si trattava dunque di incidere sulle leggi, ma specialmente sul costume e sulle aspettative sociali, in modo che "gli individui scelgano da soli " la soluzione eugenetica. Ciò che Osborne chiamò, non senza umorismo, la "selezione volontaria inconsapevole".

L'allarmismo ambientalista nasce appunto da questa strategia cripto-eugenica. La denuncia della "Bomba demografica " che "minaccia di provocare un'esplosione pari a quella atomica" (è ancora Paul Erlich, nel 1968), fino alle campagne contro il DDT negli anni '90, che hanno portato alla rinascita della malaria in Africa; dalle false equazioni fra "sovrappopolazione" e "povertà" (ma il Giappone è ricco con una densità di 384 persone per Km quadrato, l'Eritrea poverissima con 30) alle ricorrenti paure sull'inquinamento (che frattanto è diminuito nei Paesi più industrializzati), la conclusione è sempre la stessa: «È l'uomo che inquina», bisogna limitarne la moltiplicazione. Il vero enigma è come mai l'opinione pubblica continua a cascarci. Forse perché le Cassandre ecologiche scavano in profondissime paure (degli altri, del prossimo) insite nell'inconscio? Dopotutto ci cascò anche San Gerolamo, che scrisse: «Il mondo è pieno, la popolazione è troppo vasta per le capacità della Terra». Millesettecento anni fa.

Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari: "Le bugie degli ambientalisti"
Edizioni Piemme. Pagine 188. Euro 12,50

Maurizio Blondet

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Manifestazione a Roma di 100.000 cacciatori - 1° Settembre 2006

Il silenzio della servitù (leggi: MASS-MEDIA)

La stampa, grazie al cielo, oggi è molto più libera di esprimere solamente ciò che non offende il "sinistro" potere . Ne è una riprova l'atteggiamento dai mass-media, tenuto in occasione della manifestazione organizzata dalle associazioni venatorie il 1° settembre 2006 a Roma.

Chi scrive era presente a tale evento come cacciatore ma, soprattutto, come libero cittadino indignato ed angosciato insieme. Di quella fiumana di persone lunga 5 km che si snodava da Piazza della Repubblica a Piazza Venezia (si è parlato di oltre 100.000 mila persone secondo i dati fornitici dalla P.S.)), nessuno si è accorto . E' come se fosse scattato un misterioso piano di complicità tra Governo e mezzi di informazione, perché quelle centinaia di migliaia di voci, urlanti i propri diritti, non dessero fastidio. Raramente succede di vedere una manifestazione più "pulita" e corretta anche se, dall'espressione dei partecipanti, era facile cogliere sguardi di smarrimento, di delusione e di rabbia.

Il Governo, barricato dietro le sacre finestre di Montecitorio, ha temuto di esser contaminato non degnandosi neppure di inviare l'usciere per rendersi conto di che cosa stava succedendo e rifiutandosi di ricevere quei cittadini che, solo qualche giorno prima (in occasione della stagione venatoria ), avevano versato centinaia di milioni di "euro" puliti senza ricevere niente in cambio. La T.V., che vive anche del canone dei cacciatori, ha quasi ignorato l'evento. L'elicottero della RAI,che ha ripetutamente sorvolato e ripreso il corteo per lungo e per largo,non ha concesso ai telespettatori Italiani neppure una benché minima ripresa dall'alto ..eppure volava grazie ai soldi di noi contribuenti (o erano i nostri soldi a volar via con l'elicottero..!?). Solo il TG2 si è degnato di dare un breve flash, inquadrando nello stesso momento quel "Pecoraro" ( che noi cittadini italiani ben conosciamo attraverso le sue continue e nevrasteniche apparizioni in TV) mentre liberava un falco e due uccelletti, ostaggi degli ambientalisti.

Qualche giornale, il giorno successivo, ha riportato la notizia cercando di nasconderla il più possibile all'occhio dei lettori.

Quella T.V. che ci propina quotidianamente inutile e superficiale "zavorra" sa ancora che siamo cittadini italiani? Come minoranza, a livello di attenzione, veniamo dopo l'ultimo barcone di extra-comunitari che, ogni qual volta si affaccia a casa nostra, viene inquadrato da tutte le angolazioni.

I servi sono sempre esistiti come d'altro canto i padroni ma una volta, si toglievano il cappello e facevano l'inchino, oggi si vergognano di sostenere minoranze discrete ed operose, soffocandole con il silenzio.

Potremmo continuare all'infinito; diciamo solamente che, se le T.V (sia pubbliche che private) avessero sottratto qualche secondo alla inesistente e petulante presenza dei politici che quotidianamente fanno passerella esibendo spesso la propria nullità e l'avessero dedicato a chi non ha più voce, avrebbero reso grande onore alla democrazia.

Forse chiediamo troppo, ma che volete? Tra l'icona di Pecoraio Scanio ed il volto un po' stanco di un pensionato o di un operaio che lavora tutta la settimana per uscire la domenica con il proprio cane e con gli amici, non c'è confronto.

Il mondo è cambiato ma la servitù..... continua!!!

Prof. Domenico Ubaldi

Incontro del 6 settembre con il Ministro De Castro

Egregio Presidente,

in data 6 settembre u.s., presso la sede del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, il governo ha incontrato congiuntamente i rappresentanti delle associazioni venatorie, agricole ed ambientaliste sul tema caccia ed più specificatamente sul decreto legge 251/2006 emanato dal governo in data 4 agosto u.s. e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 191 del 18 agosto u.s..

Il Ministro De Castro ha tentato di giustificare l'emanazione del decreto legge 251/2006 con l'urgenza di risolvere alcune questioni sia legate alla procedura di infrazione attivata ai danni dell'Italia dalla Commissione europea, sia dalla necessità di permettere l'esercizio venatorio all'interno delle ZPS, possibilità preclusa per effetto dell'equiparazione di dette aree a quelle protette istituite ai sensi della l.s. 394/91, equiparazione effettuata con deliberazione "Ronchi" del 2 dicembre 1996.

A seguito dei vari interventi dei rappresentanti del mondo venatorio italiano, il ministro De Castro ha ammesso pubblicamente che, nell'emanazione del decreto 251 il governo ha fatto errori sia di metodo che di merito. Di metodo perché non è stata effettuata alcuna concertazione né con le regioni italiane, così come invece prevede il Titolo V della Costituzione, né con le categorie economiche e sociali interessate. Di merito perché è stato ammesso dal Governo che in alcune sue parti il decreto deve essere cambiato.

Abbiamo fatto notare al ministro che l'argomentazione usata dal governo a giustificazione dell'emanazione del decreto 251 secondo la quale l'Unione europea avrebbe decurtato i fondi destinati all'agricoltura è una semplice "bufala" in quanto la Commissione europea interpellata dall'on. Sergio Berlato ha confermato non sussistere alcun nesso tra le cacce in deroga ed i fondi comunitari destinati all'agricoltura. Il Ministro ha abbozzato un sorriso a conferma della pretestuosità di questa argomentazione. Il Governo ha chiesto alle associazioni venatorie di stilare un documento sottoscritto congiuntamente, impegnandosi a modificare il decreto in fase di conversione in legge da parte del Parlamento, conversione che dovrà avvenire entro e non oltre il quindici di ottobre, pena la sua decadenza. Ad eccezione dell'ARCI caccia che ha ringraziato il governo per l'emanazione del decreto e dell'Italcaccia che non ha proferito parola, le altre associazioni pur mantenendo una posizione fortemente critica nei confronti del governo, si sono impegnate alla stesura di un documento congiunto da presentare al governo nei prossimi giorni.

Il governo ha anche tenuto a precisare che se non ci sarà ampia condivisione il decreto non verrà convertito in legge e decadrà riportando la situazione nazionale alla fase antecedente la sua pubblicazione avvenuta in data 18 agosto u.s. E' stato fatto presente al governo che gli oltre centomila cacciatori scesi a Roma il primo settembre diventeranno oltre cinquecentomila nel corso della prossima manifestazione già in preparazione nel caso in cui il governo non faccia seguire i fatti agli impegni assunti con il mondo venatorio italiano. Dopo l'incontro con le associazioni venatorie, agricole ed ambientaliste, il governo ha incontrato i rappresentanti dei governi regionali. Da parte di molte regioni italiane è stata sollevata una vibrante protesta per il metodo ed il merito di emanazione del decreto 251. Alcune regioni (sette) hanno preannunciato l'impugnazione del decreto incriminato presso la Corte costituzionale per la palese illegittimità costituzionale del decreto in oggetto. Il governo ha preso atto della posizione delle regioni (molte a guida politica analoga a quella del governo nazionale) e si è impegnato a rivedere i contenuti del decreto. Alcune regioni hanno attaccato frontalmente l'INFS di Bologna, colpevole di non svolgere il proprio ruolo di consulenza tecnico scientifica e di rispondere alle richieste avanzate dalle regioni con dei "non pareri", trincerandosi dietro l'esiguità dei mezzi a disposizione.

Anche con le regioni il governo ha assunto gli stessi impegni assunti con le categorie precedentemente incontrate.

Il presidente
Maria Cristina Caretta

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Ancora una volta la CONFAVI dimostra di saper dare il buon esempio

La credibilità si acquisisce quando nei fatti si dimostra di saper dare il buon esempio: ecco perché la Confederazione delle Associazioni Venatorie Italiane è destinata a conquistare sempre maggiori consensi nel panorama venatorio nazionale ed internazionale.

L'ultima dimostrazione di coerenza e di compattezza da parte della CONFAVI è stata fornita nel corso dell'Assemblea nazionale che ha chiamato tutti i propri associati a rinnovare le cariche statutarie dopo tre anni di intensa attività associativa. Il voto dell'Assemblea nazionale della Confederazione ha visto riconfermata all'unanimità (nessun voto contrario e nessun astenuto) la presidente nazionale dott.ssa Maria Cristina Caretta, vero perno della Confederazione attorno al quale ruotano con efficace sincronia i dirigenti delle 16 associazioni confederate che hanno le loro strutture radicate su tutto il territorio nazionale. I delegati provenienti da tutte le regioni d'Italia hanno riconosciuto, nel riconfermato presidente nazionale, il ruolo guida nelle iniziative intraprese in difesa dei diritti di tutti i cacciatori oltre che quello di paziente tessitrice nel percorso che ha portato la Confederazione ad ottenere il meritato riconoscimento interministeriale.

La presidente nazionale ha presentato ai delegati nazionali la sua relazione sull'attività svolta nel triennio del suo mandato, bilancio più che positivo di un periodo irto di difficoltà e di iniziative a tutela della caccia e dell'immagine del mondo venatorio, sia in campo nazionale che internazionale.

All'unanimità sono stati eletti anche i tre vicepresidenti, i componenti della Giunta esecutiva nazionale ed il collegio dei probiviri e dei revisori dei conti.

-Mentre altri predicano l'unità del mondo venatorio ma si guardano bene dal praticarla, - ha commentato la neo-riconfermata presidente Caretta, - noi della CONFAVI ci siamo sentiti ancora una volta in dovere di dare il buon esempio, a cominciare dal nostro interno, fornendo all'intero mondo venatorio italiano un'invidiabile immagine di unità e di compattezza-. Adesso siamo pronti ad affrontare le nuove battaglie che ci attendono per contrastare le prevedibili iniziative che la compagine animal-ambientalista, presente nel nuovo governo, tenterà di attuare a danno dell'attività venatoria e di chi la pratica nel nostro Paese. Alle altre componenti del mondo venatorio italiano ed ai rappresentanti delle categorie economiche che gravitano attorno alla caccia rinnoviamo l'appello, sinora caduto nel vuoto, a sedersi attorno ad un tavolo per addivenire ad una rappresentanza unitaria della "Caccia Italiana". Se gli sterili individualismi e le ben note manie di protagonismo di qualcuna di queste componenti dovessero impedire la realizzazione di questo indispensabile progetto, chiederemo a costoro di assumersi fino in fondo le proprie responsabilità nei confronti dell'intero mondo venatorio nazionale.

Mentre qualche dirigente venatorio è unicamente preoccupato di non perdere qualche tessera associativa, simbolo del proprio potere, la caccia in Italia sta vivendo uno dei momenti più difficili degli ultimi vent'anni.

Finchè il buon Dio ci darà salute e fiato nei polmoni, continueremo a gridare la nostra indignazione per il comportamento del frastagliato arcipelago animal-ambientalista e per quello di quei dirigenti venatori che non esitano a calpestare i diritti dei propri associati pur di salvaguardare ciò che resta della loro nobiltà decaduta.-

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I gabbiani sono veicoli di inquinamento

Gli scienziati hanno monitorato le aree abitate dalle procellarie e dalle rondini marine sull'isola di Devon, in Canada e hanno scoperto che nelle zone coperte dagli escrementi degli uccelli erano presenti tracce di mercurio, Ddt e anticrittogamici in concentrazioni 60 volte maggiori che in aree vicine, ma prive di guano. Queste sostanze si concentrano nei corpi degli uccelli, che spesso, a causa delle migrazioni vanno a "depositarle" lontano dal luogo di origine. E sia che gli escrementi degli uccelli cadano in mare, sia che cadano al suolo, essi rientrano nella catena alimentare. «Non è un caso, dunque, che le popolazioni, soprattutto quella indigena, del Canada settentrionale siano tra le più esposte a mercurio e anticrittogamici. Nonostante quella zona fosse un tempo pressoché priva di inquinanti», spiega Linda Kimpe, dell'Università di Ottawa. «Pensavamo che l'inquinamento di queste zone vergini fosse dovuto ai venti» continua la studiosa. «Mai e poi mai ci saremmo aspettati che a contribuire a diffonderlo fossero gli uccelli».

Antonio Gaspari
da GWN n° 15 del 2005

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Animali e uomini, chi è più importante?

Una delle caratteristiche del mondo moderno è quella di aver sviluppato una sempre maggiore sensibilità nei confronti della vita non umana. Flora e fauna sembrano essere diventate così importanti da essere venerate, adorate, magnificate, fino al punto da essere più importanti della vita umana.

L'agenzia di stampa internazionale Zenit ha riportato a questo proposito alcuni esempi (4) paradossali:
In Gran Bretagna l'industria dolciaria Mars ha aperto un lussuoso Hotel per animali. I proprietari possono lasciare i loro animali nell'Hotel Pet Resort ( classe tre A) in Newcastle sopra Tyne, mentre vanno in vacanza o per concedersi un lusso. Il Daily Telegraph (6 gennaio 2002) ha raccontato che: "L'Hotel comprende una piscina per idroterapia, una palestra per ginnastica, letti jacuzzi con piumoni e guanciali, sofà dove gli animali possono sdraiarsi mentre guardano video di loro simili o i programmi preferiti alla TV". I gatti dispongono di un balcone esposto al sole ed ascoltano musica classica, mentre i pappagalli hanno a disposizione video con scene che riproducono la giungla con lo squittio degli uccelli tropicali. L'Hotel ha anche un proprio cimitero per animali, con tanto di cerimoniale funebre. Lavorano in questo Hotel circa 50 persone e il costo di permanenza per un animale per due settimane è pari a quello dell'intera vacanza di una persona.

Una quantità di denaro spropositato si sta spendendo per l'Orca Keiko, star del film "Free Willy". Tre anni fa Keiko è stata riportata nella natia Islanda dove fu catturata 22 anni fa, ma, come ha fatto notare il New York Times il 6 Novembre 2001, l'opera di reinserimento è fallita. Il mantenimento di Keiko in Islanda costa 300.000 dollari al mese, e molti stimano che l'orca potrebbe vivere fino a 50 anni ed oltre. Fino ad ora l'intero progetto è costato più di 20 milioni di dollari, e ci sono già proteste per aver speso una tale quantità di denaro per un singolo appartenente ad una specie che non è in pericolo di estinzione.

In Australia, il Sydney Morning Herald (12 dicembre 2001) ha riportato che si stanno utilizzando otto pesci per garantire la qualità dell'acqua potabile per 4 milioni di persone. Difatti il Sydney Catchment Authority mantiene un acquario con otto pesci che ci nuotano dentro, per verificare la qualità dell'acqua dolce destinata alla rete della città di Sydney. I pesci vengono monitorati continuamente, ed ogni piccola variazione nella loro salute, da adito al controllo della purità dell'acqua. Le autorità stilano un rapporto ogni quattro mesi ed un ispezione annuale. Ma ciò non è sufficiente per gli animalisti i quali hanno protestato per l'utilizzo dei pesci, un metodo considerato troppo crudele. Per questo motivo hanno proposto di delegare le pulci d'acqua per monitorare la qualità dell'acqua.

Negli Stati Uniti nel numero di Dicembre dell'Environment and Climate News, il gruppo animalista People for the Ethical Treatment of Animals (Peta), si è lamentato perché non è stata data sufficiente attenzione agli animali scomparsi nell'attentato dell'11 settembre, e ai cuccioli rimasti orfani.

In Italia a causa della siccità che ha colpito la Sicilia, 500 chilogrammi di pesce sono stati traslocati con l'aria condizionata dallo Scanzano, un lago nei pressi di Palermo ormai quasi prosciugato, nella diga Rosamarina vicino a Caccamo. L'Ente Acquedotti siciliano ha deciso il trasferimento per cercare di salvare i pesci, perché nello Scanzano stavano aumentando le alghe e diminuendo l'ossigeno. La ditta che ha vinto l'appalto per risanare le pareti del lago Scanzano, ha dovuto assicurare il trasloco con tutti i confort, per i pesci. L'Avvenire ha raccontato che una volta pescati con un "particolare tipo di reti, i pesci sono stati sistemati in vasche piene di acqua dolce caricate su furgoncini frigoriferi (climatizzati a temperatura ambiente), con la quantità di ossigeno sufficiente per il viaggio, per essere poi depositati nella diga di Caccamo." (5) La diga di Rosamarina contiene 40 milioni di metri cubi di acqua, ma non essendo state costruite le condutture per fornire Palermo, per ora servirà come acquario per i pesci di Scanzano. Sempre in Italia a Lampedusa e Linosa è stato realizzato un progetto per salvare le tartarughe "Caretta caretta". l'Unione Europea ha tutelato quello che è stato chiamato il "santuario delle tartarughe", inserendolo nel progetto Life. Le tartarughe vengono protette dall'ingerenza degli uomini. Spazi e spiagge vengono a loro riservate, mentre sono vietate alle persone. Ha scritto Le Scienze che: "Oggi a Lampedusa e nella vicina Linosa, dove nidificano, le tartarughe sono al sicuro. Talmente al sicuro che l'unica apparecchiatura per radiografie dell'arcipelago è per loro, e non per gli umani..." (6)

Antonio Gaspari
da GWN n° 12 del 2002

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Cinghiali, cervi, caprioli e daini: adesso sono troppi

Cresce in maniera esponenziale il numero di cinghiali, cervi, caprioli e daini, mentre scende il numero di starne, pernici rosse e lepri. A Lanciare l'allarme è stato Il presidente provinciale della Confederazione Italiana Agricoltori (Cia) Giorgio Vitali, il quale in occasione di un convegno che si è tenuto a Marzabotto della Confederazione italiana agricoltori Emilia Romagna, in programma alla sala polivalente di Marzabotto ha detto: "Per quanto possa apparire paradossale il 2002 è l'anno consacrato ala montagna, ma molte azienda agricole del territorio vogliono gettare la spugna perché ormai sono troppe le frustrazioni cui vanno incontro".

Qual è il problema? "mi riferisco al 'bubbone' degli ungulati - ha detto Vitali a il Resto del Carlino (14 luglio 2002) - una autentica metastasi che sta infestando tutto il territorio se pensiamo che i pochi capi presenti fino agli inizia degli anni 90 sono aumentati in modo esponenziale facendo contemporaneamente registrare la quasi scomparsa di starne, pernici rosse e lepri". I numeri? Secondo un censimento della Regione di due anni fa c'erano 40mila cinghiali, molti gli ibridati, 2.781 cervi, 42.240 caprioli e 3.231 daini. "Con il risultato - ha spiegato Vitali - che si è rotto un equilibrio secolare, l'agricoltura soccombe e con essa una delicata gestione del territorio." (10)

Per questo motivo Vitali, che è pure responsabile della Cia per la politica Venatoria ha proposto: "La caccia al cinghiale va riconsiderata perché è diventata una forma di zootecnia in campo aperto a solo vantaggio dei cacciatori. Conseguentemente le attuali zone di assegnazione degli Atc o dei distretti di caccia sono superati. E occorre anche rivedere i principi di gestione faunistica codificati negli ultimi tempi, partendo dal fatto che esiste già una disparità di trattamento tra cittadini europei che intendiamo sottoporre alla Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo". Ma LA vera novità proposta da Vitali è la modifica della legge regionale /88 "per arrivare - dice- ad una democratizzazione dei parchi (oltre il 30 % del territorio) basata sul principio che gli agricoltori proprietari dei terreni devono far parte del governo di gestione dei parchi stessi, almeno per la metà".

Antonio Gaspari
da GWN n° 12 del 2002

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Fulco Pratesi condannato dalla Corte dei Conti

La Corte dei conti ha condannato il presidente del parco nazionale d'Abruzzo Fulco Pratesi a un risarcimento di oltre 88 mila euro più interessi e spese di giudizio. La decisione si riferisce alla gestione dissennata del Parco Nazionale D'Abruzzo.
Secondo quanto riferisce l'agenzia “il Velino” (www.il velino.it) il motivo della condanna fa riferimento a "un comportamento del tutto anomalo e inadeguato, con grave ed evidente violazione sia dei compiti e dei doveri di servizio palesemente trascurati, sia dei comuni, elementari e irrinunciabili canoni di correttezza amministrativa e di sana gestione".
Secondo la sentenza della Corte, Pratesi è tenuto a rifondere 21mila euro per aver anticipato alcune indennità di fine rapporto attingendole a fondi accantonati dall'Ente e più di 67mila euro per aver impropriamente promosso sul campo un dipendente attribuendogli la qualifica e la retribuzione di dirigente.
Ha scritto l'Avvenire che la "La condanna appare tutto sommato mite dal momento che il Procuratore della Corte aveva chiesto a Pratesi un risarcimento di 188 mila euro e la chiamata in correità con l'ex direttore del Parco Franco Tassi, prima allontanato e poi licenziato per cinque capi di accusa, tra i quali l'aver preso in affitto a spese del parco un intero edificio di rappresentanza a Roma".
La Corte rimprovera a Pratesi di non aver controllato l'operato del direttore generale Tassi, che si sarebbe dato ad una serie di spese pazze.
Un rapporto più dettagliato sulla gestione del Parco d'Abruzzo e sulla gestione delle aree protette italiane verrà presentato a Roma il 2 di marzo.
Si tratta del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva che la commissione Ambiente della Camera ha dedicato alla gestione delle aree protette italiane.

Antonio Gaspari
da GWN n° 6 del 24-2-2004

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Sacrificando Tassi si vuole evitare lo scandalo, ma i nodi stanno venendo al pettine

E' incredibile il modo in cui vengono trattate le persone all'interno del WWF.
Franco Tassi, già decano dei direttori dei Parchi Italiani, uno dei primi soci del WWF, idolo della cultura conservazionista italiana, è stato prima allontanato dalla direzione del Parco Nazionale d'Abruzzo, carica cha ricopriva dal 1969, e poi è stato licenziato e condannato.
Sulle sue responsabilità sembrano non esserci dubbi, ma appare strano come abbia potuto agire senza che nessuno sollevasse il benché minimo dubbio o avesse la benché minima riserva.
In un dossier pubblicato dal settimanale Tempi (n.11, 14 marzo 2002), e riportato nel volume “Dal Popolo di Seattle all'ecoterrorismo” (21mo Secolo
2003) risulta che la lista delle violazioni compiuta dall'accoppiata Tassi Pratesi è impressionante: Un diffuso sistema di assegnazione di funzioni superiori a tutto il personale, in palese violazione delle leggi vigenti.
Apertura di uffici periferici a Roma e a New York. Falsi in Bilancio, debiti miliardari, gestione privata dei fondi in dotazione al Parco.
La relazione sulla gestione del Parco d'Abruzzo stilata nel 1998 dalla Corte dei Conti denunciava già una “situazione di diffusa illegittimità”.
Insomma il vaso di Pandora è stato scoperchiato, forse Pratesi ed il WWF stanno cercando di chiuderlo in fretta.

Antonio Gaspari
da GWN n° 6 del 24-2-2004

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Gli ultimi rintocchi?

Non c'è dubbio che le Amministrative del 3-4 aprile siano state uno schiaffo in faccia a chi, nel centrodestra, sprizzava ottimismo da tutti i pori. Noi cacciatori, che di schiaffi in faccia, da anni, ne stiamo ricevendo molti sia a Destra che a Sinistra, abbiamo assunto l'aria di osservatori distaccati e disillusi.
Abbiamo cercato motivazioni, sperato di cogliere qualche segno di attenzione nei nostri confronti, memori delle promesse ricevute, ma i nostri politici, come tanti passanti distratti, non ci hanno degnato di uno sguardo tirando dritti per la loro strada.
La riforma della 157, tanto attesa, non si sa che fine abbia fatto; sembra sparita nella nebbia del nulla insieme alle tante promesse non mantenute. Senza tanti entusiasmi siamo stati a guardare: chi non è andato a votare, chi ha annullato la scheda ed i più diligenti, nell'inserire la scheda nell'urna, hanno provato conati di vomito.
Perchè ostinarsi ancora a ricercare le cause di tanta débacle ed a piangerci sopra quando i cittadini ed in particolare i cittadini-cacciatori ne hanno le tasche (scusate l'eufemismo) strapiene?
Per governare non basta il consenso, ci vuole coraggio e coerenza, cose che sono assolutamente mancate. Per il timore di scontentare quattro vagabondi verdi che stazionano permanentemente davanti a Montecitorio sempre con lo stesso cartellone, non si è tenuto conto di 700mila cacciatori, ognuno dei quali vale almeni cinque voti.
Dovremmo vagare ancora per qualche centinaiia di anni nel deserto della politica, come successo per gli Ebrei in attesa della "terra promessa", nella speranza che la "legge promessa" veda la luce? Non vorremmo peccare di presunzione ma apportare qualche ritocco alla 157 non dovrebbe far sudare più di tanto i nostri parlamentari.
Attenzione, amici politici, siamo ormai a ridosso delle Politiche 2005 e non si può pù giocare con gli elettori con qualche piccolo ritocco di un Berlusconi-bis. Il "campanaro" ha già afferrato la corda per l'ultima "sonata"!
Questa volta i rintocchi saranno lenti...ma molto...molto lenti! Chi ha orecchia da intendere.....

U.D.

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Il porcanzo

Anche quest'anno in occasione della Pasqua 2004 (antivigilia), in una delle solite esternazioni su Canale 5, questo strano animale che si definisce “pacifista”, ha vomitato non pezzi di colomba ma odio e livore contro i cacciatori.

Lascio decidere a voi di quale animale si tratti; certo è che l'incrocio è perfettamente riuscito.

Quando si concentra ed annusa l'aria ha il muso del cinghiale ma,al posto delle setole,si liscia i baffi che poi sono gli stessi della sua camicia.

Non parla e non fa parlare; emette,tuttavia,dei piccoli grugniti che,a certi livelli,sembrano essere molto apprezzati.

Vive tra i canali (se sono “cinque” ancora meglio!!!) che costituiscono il suo habitat naturale. Si dice che mangi con la Destra ma, quando va a “vuotare”, nel gran segreto, usa la Sinistra. Per sedersi usa alti sgabelli poiché le sue corte zampe non gli permettono di essere all'altezza degli esseri umani.

Ha tentato di accoppiarsi più volte (sembra quattro) e sempre con femmine dal pelo biondo ma con scarsi risultati: il lardo che ondeggia sull'addome non sembra facilitare le manovre.

All'apertura della stagione venatoria suda freddo al pensiero che,con il grugno che si ritrova,possa andare incontro a rischi non indifferenti. Se poi accade qualche incidente venatorio,esulta perché il suo ardente desiderio è che i cacciatori si sparino in bocca. Ma per la coerenza che lo contraddistingue,mangia volentieri selvaggina.

Quando tratta di cose “serie” fa gli show: momenti alti in cui emerge tutta la sua sottocultura di “barattolo” pieno d'aria,convinto di essere profondo ma è solo largo e tondo. Mi chiederete: “Ma…..quanti esemplari esistono?”. Per fortuna uno solo ma,momentaneamente,non è in via di estinzione (come il Panda di cui è tanto amico) : è riuscito a sopravvivere nonostante qualche petardo di troppo. Il futuro? Certo non è dalla sua parte: gli ibridi sono sterili! Amici cacciatori,almeno in questo,consoliamoci!

Prof. Domenico Ubaldi

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...........e fu il silenzio!

Una patina di silenzio, subdola e sottile, è calata sul mondo venatorio.

Dopo gli innumerevoli referendum di qualche hanno fa, dopo le stilettate inferte alla caccia dalla sinistra e le tante promesse della Destra, finalmente il problema è risolto: non se ne parla più!

Una volta si diceva che un nemico vero non vale la pena combatterlo, basta trascurarlo.

Vuoi annullare un individuo? Non ne parlare, uccidilo con il silenzio.

Quando si parla di caccia,si ha l'impressione di volare su una palude nella quale non si riesce più a distinguere con chiarezza con chi e con che cosa si ha a che fare. I politici,dopo una tornata elettorale e tante promesse fatte,vanno in apnea; diventano invisibili,irreperibili,in attesa di riemergere in occasione di altre tornate per ossigenarsi ancora. Le Associazioni venatorie sembrano estinte: ci chiediamo se esistano ancora.

I cittadini-cacciatori,scoglio-nati (che non significa “nati tra gli scogli”) bivaccano nei bar e nei circoli giocando,ormai rassegnati,a briscola o a tressette. Questa è la caccia del futuro: si andrà a caccia in luoghi impossibili,si cacceranno prede introvabili,si seguiranno disposizioni mai approvate. Eppure c'è una maggioranza di governo che ha fatto promesse!

La notizia è di qualche settimana fa: il decreto Alemanno,unificato,dopo aver stazionato per lungo tempo in commissione Agricoltura,è stato accantonato dal Consiglio dei Ministri sotto la pressione di Legambiente,dell'Arcicaccia (una volta formata da cacciatori) e qualche isolato disfattista del mondo dello spettacolo di cui non vale la pena riportare il nome. Non basta essere maggioranza,ci vuole anche coraggio!!

UNAVI, se respiri ancora, batti un colpo e voi On.li Fini, Alemanno.....ricordate che ogni promessa è un debito!

Il cittadino-cacciatore, mortificato e disilluso, continuerà a bivaccare nei bar ma, per carità, non cercatelo in occasione delle prossime elezioni!

D.U.

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Come t'invento il nemico

Non si può vivere,anzi sopravvivere,senza un nemico e,se non c'è,bisogna inventarlo. Sembra questo lo slogan di quei"lagnoni" dei nostri avversari che,filtrando attraverso occhiali scuri tutto ciò che osservano,finiscono per trasformare anche una bella favola in catastrofe universale.

E' di questi giorni la pubblicazione di dati dell'Eurispes (e confermati da documenti di Lega Ambiente) circa le specie selvatiche in Italia che, dalle 70 del 1991, sono passate alle 115 attuali,mentre gli ungulati sono circa 57.000 e rappresentano oltre 1/3 di quelli negli altri Paesi europei. Quindi, buone notizie! Macchè,per la Procacci, quest'ombra verde che da anni mereggia nel Parlamento italiano, sarebbe "una tesi ritagliata su misura per i cacciatori"mentre per la L.A.V. "sembrano conversazioni di cacciatori in un osteria".

Il progetto è quello di negare ogni evidenza ed occultare qualsiasi dato positivo perché è dal catastrofismo che nasce la paura e questa,a sua volta,crea la necessità della ricerca ansiosa del nemico da combattere. Ammettere un miglioramento delle condizioni ambientali e quindi un surplus di selvaggina,equivarrebbe ad ammettere che la caccia non è responsabile della diminuzione dei selvatici e quindi verrebbe meno il "nemico" da combattere. Ma allora quella decina (siamo buoni!) di "mezzebotte" di onorevoli che pascolano tra gli scanni del Parlamento italiano e che hanno costruito la loro fortuna (ed i loro stipendi) calunniando ed offendendo cittadini italiani con la passione per la caccia che fine farebbero? Non potrebbero tornare neppure alle attività precedenti perché in passato la loro attività prevalente è stata quella di girovagare con striscioni sulle piazze italiane. Proviamo ad andare oltre l'orizzonte nazionale. Per anni un messaggio pubblicitario ha perseguitato le nostre orecchie: bastava comprare poche caramelline "bianche" e gli orsi si sarebbero moltiplicati. Nessuno mai ha saputo come il W.W.F. abbia utilizzato i fondi raccolti né quanto denaro sia stato investito per gli orsi. Una cosa è certa che,per cause del tutto naturali,nell'estremo nord del Canada,oggi sarebbero presenti ben 16.000 orsi e si pone il problema della loro limitazione attraverso una caccia di selezione. Quella faccina,partita da una mentina,è arrivata "Alle falde del Kilimangiaro" e quando dice:"quasi quasi ci vado!" dice una grande verità: c'è andata, non al Kilimangiaro, ma su RAI 3, assicurando così non solo la sopravvivenza degli orsi ma anche la sua. La proliferazione di certi soggetti è legata alla psicosi che diffondono ad arte, ma se le specie selvatiche dovessero proliferare, i veri estinti sarebbero loro!

Un'ultima considerazione: qualche anno fa questi cialtroni illuminati proposero la chiusura della caccia per qualche anno onde facilitare la proliferazione della selvaggina. Se la caccia non si è chiusa e le specie selvatiche in Italia sono in forte aumento,cosa vuol dire…? Una spiegazione la possiamo tentare: c'è da creare un nemico! In questo caso è il cacciatore,senza il quale questi poveracci non avrebbero più aria da respirare,n'è fango dove sguazzare. Ritornerebbero ad essere solo degli illustri "nessuno", degli estinti, i mammùt del 21° secolo!

Prof. Domenico Ubaldi
Roma

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Il teledemente

Vi sarà accaduto,senza dubbio,di essere interrotti da qualcuno che,durante una conversazione su argomenti venatori,si sia sentito in dovere di proclamare la sua avversione alla caccia senza essere stato interpellato.

Ebbene,eccolo....Sì è proprio lui (o lei.... prevalentemente) il teledemente prodotto nei laboratori RAI - Mediaset! E' l'unico soggetto capace di credere che chissà quante spinte si siano date polli tacchini e manzi desiderosi solo di poter entrare nelle scatolette e deliziare,magari con la suggestiva fogliolina di prezzemolo,il palato di cani e gatti domestici e non.

Normalmente il teledemente,dopo aver degustato la cremosa e stantia puntata di " Beautiful",passa al programma di un effemminato conduttore RAI. Costui,con i capelli tinti fino al disgusto,la consueta compagnia del poliomelitico cane di stracci e dei vecchietti che gli sorridono dalla prima fila con costose dentiere aperte al servilismo,lancia pesanti invettive contro i cittadini italiani con la passione per la caccia,fra un'inquadratura e l'altra della "giovenca" americana che egli non riesce ad ingravidare. Il tutto,pensate un po',condito con il sorriso storto ed ebete del compiaciuto animalista nullafacente che spera di raggranellare qua e là decine e decine di milioni con le scontate questue di" mamma RAI". Lo spettatore a questo punto,ormai promosso senza accorgersene a teleimbecille,è così ammaliato da non chiedersi che dovrebbe esserci una "par condicio" anche per gli animali (ammesso che ci sia fra gli uomini).

Considerando che gli "spots" televisivi propongono a cani e gatti succulenti bocconcini a base di pollo,tacchino,pesce ecc.,perché non rispettare quella parità di "status"offrendo a polli,tacchini e pesci deliziose primizie a base di carne di cane e di gatto? Siamo convinti che le apprezzerebbero moltissimo e non farebbero caso neanche alla mancanza della fogliolina di prezzemolo. E a proposito di "par condicio"vorremmo ricordare ai vari politicanti i quali,prima delle consultazioni elettorali,vengono puntualmente a magnificare le gesta dei loro padri,fratelli o nonni in cariola,"grandi cacciatori"-che non ci è stata MAI data alcuna possibilità di contestare democraticamente le pesanti accuse che ci vengono indirizzate dalla sempre più agonizzante RAI e dalle reti del Cavaliere. Fra i tanti amletici interrogativi che ci poniamo e ci rendono insonni,ce n'è uno che personalmente mi attanaglia e mi strugge: quale scritta sarà esibita dalla scatoletta contenente la carne di noi cacciatori: forse..."polli nostrani"?? Evviva la POLLITICA!!

Benito Nino Bruni

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Al direttore de "Il Tempo"

Esprimiamo sdegno per la scelta del suo giornale di dedicare un'intera pagina (pag.29) della cronaca di Roma del giorno 18-1-2002 all'azione di una quindicina di imbecilli squadristi, animati da odio verso i loro simili che lavorano e producono e da grande amore per quegli animali cui tanto somigliano.Ciò che più da fastidio è che, mentre usano metodi violenti, citano la Chiesa e Sant'Antonio, ignorandone sia lo spirito che il messaggio. I cani ed i gatti che vengono portati in Chiesa per la festa di Sant'Antonio non "vengono battezzati" come afferma il capobranco Caporale ma semplicemente benedetti. Tutte le creature, infatti, nel concetto biblico sono un dono di Dio all'uomo che ha il diritto di usarne con intelligenza e libertà, come si fa con ogni dono.

Direttore, consiglio a Lei ed a questi "angeli vendicatori" di rileggersi la Genesi e di rispettare un pò di più chi lavora ma soprattutto di avere un occhio di riguardo per chi legge il suo giornale.


Domenico, Nino, Gianni, Sergio

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I giochini di Legambiente

Ogni anno il rito si ripete tra slogans ed annunci pubblicitari accompagnati dal plauso,un po' servile,di tutti i mezzi di informazione. Amici non si scherza: si tratta di “ripulire” non un giardino od un angolo della casa,ma il mondo! Sì,avete capito bene “ripulire” niente meno che… il mondo! Anche quest'anno Legambiente (il 29-30 settembre) non si è lasciata sfuggire l'occasione per farsi pubblicità.

Qualcuno un po' meno ingenuo degli altri si sarà chiesto: “Ma,come mai,se ogni anno questo mondo viene ripulito,risulta sempre più sporco ed inquinato?”

Da piccoli tutti abbiamo giocato a “nascondino”: uno “celava”,gli altri si nascondevano,tentando di fare poi “tana”,meglio se …”tana libera tutti!”. Vi ricordate?

Ebbene Legambiente,insieme a quei marpioni Verdi che si accodano trascinando dietro bande di ingenui,giocano a “ripulire il mondo”nella speranza che qualcuno lo sporchi. Sì,perché l'equivoco sta tutto qui: la fortuna di certi ambientalisti deriva dal fatto che ci sia gente che sporchi molto,in modo che arrivino i “salvatori”pronti ad esibire con grandi scenografie i loro meriti. Con questo giochino molti di loro hanno assicurato la loro carriera politica; basti pensare al presidente nazionale di Legambiente,Ermete Realacci che,sbucato dal nulla,è divenuto uno di quei nobili petali di quella Margherita dal fiore sbiadito e dallo stelo molto esile che siede ora borioso alla destra non del Padreterno ma di F. Rutelli.

Noi vorremmo,invece,proporre uno slogan ben diverso: ”Non sporchiamo il mondo!”. Non suonerebbe bene? Proviamo tutti con più convinzione ad educare nella scuola e nella famiglia i giovani (e meno giovani) ad un maggior rispetto per tutto ciò che ci circonda. Esistono, inoltre,norme estremamente severe in materia di raccolta e smaltimento di rifiuti. Perché non farle rispettare? Le Forze dell'Ordine,Vigili in particolare,volendo,potrebbero tranquillamente controllare meglio il territorio. Tutti i giorni,invece,come cittadini cacciatori assistiamo a scempi inauditi senza che alcuno intervenga: discariche clandestine,abusivismi edilizi,inquinamenti di corsi d'acqua ecc….Se il mondo non fosse “sporcato” non sarebbe meglio? Ma poi, Legambiente e similari come farebbero a sopravvivere? Il mondo va così, e c'è chi lo sa cavalcare furbescamente. Ermete Realacci, ringrazia quei sozzoni cui devi la tua fortuna! Da parte di noi cittadini cacciatori l'impegno a non sporcare rimane categorico ma se, malauguratamente, qualche cartuccia restasse in terra, Ermete, gioisci perché avrai materia per continuare, l'anno prossimo, il tuo giochino!

Prof. Domenico Ubaldi

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Emarginati dalla sinistra illusi dalla destra

Il 31 gennaio si è ufficialmente chiusa la stagione venatoria che,a giudicare dai risultati, sembrerebbe non essersi mai aperta. Tante le promesse,poca la selvaggina e se quest'ultima fosse stata pari alle “frottole”dei politici,il carniere sarebbe stato stracolmo. Su quelle famose deroghe,passate dal Governo alle Regioni,è calato un silenzio tombale. Si parlava di prorogare la caccia per il mese di febbraio ma non è successo niente; si ventilava l'ipotesi di rivedere le aree protette (protette,da chi?) in eccedenza ma nulla di tutto questo è avvenuto. Nella regione Lazio con un tesserino particolare è stato concesso di cacciare lo storno (che tra l'altro interessa marginalmente i cacciatori) solo perché ai politici (romani) non piaceva andare in giro con la giacca (o la macchina) ricoperta di guano.

Ma allora a chi interessa la caccia? Siamo arrivati alla conclusione che non interessa nessuno, quello che interessa sono solo i cacciatori al momento delle elezioni, passate le quali, sia a sinistra che a destra siamo sistematicamente snobbati. La storia ormai è vecchia e si ripete da anni con le stesse scadenze.

I cacciatori continuano ancora a chiedere “l'elemosina” ed i politici a guardare con diffidenza questi nostalgici, un po' anacronistici un po' “crudeli”, senza poter trasformare in positiva una figura che,come nessun'altra, ha esperienza,conoscenza e contatto quotidiano con la natura. La storia continua monotona e ripetitiva,”usque tandem?” diceva Catilina e ripetiamo noi. Cari politici, presto ci saranno le elezioni amministrative (ed europee) e crediamo che sentirete il bisogno di ripeterci per l'ennesima volta che pensate a noi, che siamo al centro del vostro interesse e del vostro “amore”.

Noi a questo interessamento ci commoviamo; credeteci, non pensavamo di essere ancora oggetto di tanta attenzione sia a destra che a sinistra. E se ci fossimo stufati ed, in occasione delle prossime votazioni, andassimo al mare con le nostre famiglie?

Prof. Domenico Ubaldi

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