PERCHE' GETTARE AL VENTO LE TUE EMOZIONI?
Se il contatto con la natura ha affinato il tuo spirito di uomo e di cacciatore e sei riuscito a tradurre in arte certe sensazioni... AFFIDALE A NOI!
Questo sito metterà a disposizione uno spazio tutto per te qualora volessi inviare la tua produzione artistica:
brevi racconti di caccia, poesie, foto di pitture e sculture aventi per oggetto scene di caccia, foto di paesaggi a vocazione venatoria.
E' un dato sconfortante quello che emerge all'indomani dell'iniziativa ecologica a salvaguardia dei boschi e delle zone murgiane site nel territorio di Andria, organizzata dall'Associazione Caccia Pesca Ambiente Domani, in collaborazione con l'Assessorato all'Ambiente della Città di Andria e l'Aimeri Ambiente srl.
Nella giornata di ieri, circa 20 volontari dell'Associazione impegnati nelle operazioni ambientali, guidati dal presidente Francesco Acquaviva e dall'assessore Francesco Lotito, hanno raccolto svariati quintali di rifiuti di ogni genere.
I cacciatori hanno effettuato un'importante azione di ripristino ambientale con la raccolta di alluminio, plastica, polistirolo, ferro, bossoli, pneumatici, batterie esauste, frigoriferi, materassi e divani abbandonati nel bosco di Abbondanza al km 9,25 sulla strada per il Castel del Monte.
"Quello che più preoccupa - commenta il presidente dell'Associazione Caccia Pesca Ambiente Domani, Francesco Acquaviva - è che ci siano talune persone che continuano a considerare i boschi come una discarica personale al loro servizio, trasformando le bellezze paesaggistiche di questi luoghi in pericolose aree soggette a un costante ed indecente degrado".
"Tale fenomeno, divenuto purtroppo frequente - continua Francesco Acquaviva - oltre a degradare irrimediabilmente il territorio, provoca innumerevoli danni alla salute dell'uomo soprattutto quando la plastica, il polistirolo e i pneumatici vengono bruciati, immettendo nell'atmosfera un fumo color nero pece contenente diossina. Nonostante le pesanti sanzioni previste dalla legge, tali episodi di inciviltà ed idiozia rischiano di degradare gli habitat naturali della flora selvatica, condizionando negativamente i bioritmi e la consistenza delle popolazioni animali presenti".
"E' davvero incomprensibile come tanta gente volontariamente e coscientemente deturpi così il nostro ambiente - afferma l'assessore Lotito - con il rischio tra l'altro di incorrere in pesanti sanzioni, quando invece basterebbe portare di persona i rifiuti all'isola ecologica oppure effettuare una semplice chiamata al numero verde di cui è dotata l'isola ecologica. La nostra richiesta del Comando Provinciale del Corpo Forestale dello Stato da ubicare ad Andria, fatta qualche settimana fa, va proprio nella direzione di meglio monitorare il nostro territorio per preservarlo e custodirlo, vista la barbarie che anche ieri abbiamo constatato di persona".
da Andrialive
In data 19 Febbraio 2011, presso la Sezione C.P.A.D. di Andria, si è tenuto un dibattito sulla gestione dell'attività venatoria nella BAT al quale hanno partecipato tutte le Associazioni, sotto le varie sigle, presenti nella nuova provincia. Ne è emersa la consapevolezza di riappropriarsi immediatamente di una caccia viva, nel pieno rispetto della legge e dei diritti, ma amministrata da persone competenti, capaci e soprattutto ricche di ideali e di onestà.
C'è stata insomma una folata di aria pulita, è stato un vento che forse ha fatto sognare per qualche ora i circa settanta adepti intervenuti portando dappertutto un po' di ottimismo. Alla fine i problemi restano tutti, per carità, ma i cacciatori della BAT non disperano più di trovare le energie per affrontarli senza restare schiavi dei legislatori, dell'opinione pubblica e di quegli stolti che insegnano a considerarci come detrattori.
Non si è parlato solo dell'incapacità di gestione degli ultimi anni ma soprattutto della mancanza di nuove idee, della disonestà diffusa, del malcostume, dei bracconieri e delle tasse che spremono la categoria senza nulla offrire in cambio. Sono tanti i colpi inferti alla dignità che i cacciatori pugliesi hanno dovuto subire nel corso degli anni, ma adesso bisognerà riprendere in mano la situazione attraverso diverse e nuove persone che perseguano ideali più nobili rispetto all'ultimo decennio.
A conclusione dei lavori, i vari Presidenti intervenuti hanno concluso il dibattito lasciando sperare che molto si può fare, ma stando uniti, condividendo le medesime sane e concrete idee a vantaggio della nostra antica passione che merita questo e molto altro ancora.
Un ringraziamento é doverosamente indirizzato a tutti coloro che con la loro partecipazione hanno reso possibile questo storico evento.
In data 25 Settembre 2010 è stata inaugurata la sezione C.P.A.D. di Andria, provincia della BAT, intitolata all'avv. Lillino Mandara, grande cacciatore d'altri tempi, scomparso di recente. La neonata sezione pugliese inizia così la sua attività associativa che la vedrà impegnata non solo sulle molteplici questioni che riguardano la caccia ma anche sulle varie forme di ripristino ambientale che, allo stato attuale, rappresenta un problema di assoluta emergenza lasciato all'iniziativa dei soli volontari. Alla presenza delle numerose Autorità Comunali e Provinciali, il Presidente neoeletto ha presentato l'ambizioso programma associativo da realizzarsi nei prossimi due anni con la collaborazione dei vari Enti interessati.
"Soci fondatori"Partendo da sinistra: Felice Ieva (consigliere), Natale Zagaria (vice-presidente), Riccardo Visaggio (consigliere), Francesco Acquaviva (presidente), Pietro Zagaria (tesoriere), Franco Sinisi (segretario), Domenico Campana (assessore provinciale caccia della BAT), Riccardo Sinisi (consigliere), Salvatore Cannone (consigliere), Luigi D'Angelo (consigliere), Vincenzo D'Avanzo (socio).
Partendo da sinistra: il tesoriere di Sezione Pietro Zagaria, il consigliere di Sezione Riccardo Visaggio, il Consigliere Comunale dott. Giuseppe Ceci, il Parroco don Antonio Tucci, l'Assessore all'Ambiente dott. Francesco Lotito, il presidente di Sezione dott. Francesco Acquaviva.
Partendo da sinistra sull'ingresso: l'Assessore Provinciale alla Caccia geom.Domenico Campana, il Sindaco di Andria (con le forbici) avv. Nicola Giorgino, il Presidente di Sezione dott.Francesco Acquaviva, il Vice-Presidente di Sezione Natale Zagaria.
Partendo da sinistra: il dott. Giuseppe Ceci (Consigliere Comunale), l'avv. Nicola Giorgino (Sindaco città di Andria), il geom. Domenico Campana (Assessore Provinciale Caccia della BAT), il dott. Francesco Acquaviva (Presidente di Sezione).
L'autunno, la stagione più attesa dai cacciatori, rappresenta il momento più magico di tutto l'anno. In autunno la natura langue tingendosi di tristezza, l'aria si addensa di piacevoli profumi del bosco che lentamente ingiallisce; la selvaggina, spinta dai venti del nord, inizia la migrazione verso i luoghi dove trascorrerà il lungo e freddo inverno. La vita merita di essere vissuta più intensamente.
Negli anni sessanta, a Tonnoconte si percepivano i primi segnali d'autunno già dalla fine di Agosto, quando i temporali estivi riempivano il cielo di fulmini e tuoni; mentre la pioggia cadeva intensa nei campi spandendo nell'aria gli effluvi della terra bagnata e abbeverando la natura arsa dalla calura estiva. Il bambino cacciatore che era in me viveva una magica atmosfera di attesa, riponendo tutte le speranze nella sorte che, prima o poi, gli avrebbe regalato la cacciata sognata da tempo.
Gli alberi da frutta, divenuti stanchi d'improvviso, mostravano le prime macchie giallognole sulle foglie cadenti; la vite canadese di zio Sabino, con qualche parvenza di rosso carminio, sembrava ornare la casina per festeggiare l'ultimo atto di un' estate che volgeva al termine; le olive, da verdi, si tingevano di nero; il canto dei contadini, intenti a vendemmiare la vigna dei vicini, allietava le nostre ultime giornate di vacanza. Con una campagna così intensa di umori, l'autunno sembrava arrivare a Tonnoconte con l'inizio di settembre, trasportando con sé una natura alata in pieno fermento.
In quel periodo avevo tempo da vendere e un'incredibile voglia di caccia che mi teneva appostato ore e ore sotto gli alberi della tenuta dei De Corato in attesa di sparare qualche colpo di carabina sui verdoni, nobile avanguardia di un'imminente invasione di migratori e sul primo pettirosso che segnava ufficialmente l'inizio della stagione autunnale.
La data di apertura della scuola era sempre più vicina e si centellinavano le ultime giornate di libertà che rimanevano fino al primo Ottobre. Alla sera, un timido fresco d'autunno, cosparso di sottile umidità, ci induceva a indossare un caldo golfino di lana e a rientrare alle casine per la cena.
Giocare con gli amici di campagna era un vero piacere, soprattutto nelle ore pomeridiane quando i genitori dormivano beatamente concedendoci permessi speciali per uscire nella stradina poderale piena di buche e di bianca ghiaia. Giochi preferiti erano il nascondino, la caccia al tesoro, le corse in bici e, in caso di piogge intense, la costruzione di zattere artigianali con le quali attraversavamo le enormi pozzanghere che si formavano in contrada Macchie di Rosa, poco distante da Tonnoconte.
Durante i giochi di società, non smettevo mai di sbirciare gli uccelletti in volo, compresi quelli che lasciavano la zona per far posto ai nuovi migratori in arrivo. Gli ultimi contingenti di upupe, rondini e tortore africane si affrettavano ad affrontare il lungo viaggio di ritorno solcando i cieli di Tonnoconte.
Quando mi accorgevo che la caccia si posava nei folti uliveti che circondavano le nostre casine di campagna, lasciavo i giochi per correre spensierato alla ricerca di qualche preda nuova da aggiungere al mio carniere.
Zio Lillino, dopo l'apertura che coincideva con l'ultima domenica di Agosto, appendeva il fucile in attesa del grande passo autunnale. Io rimanevo a Tonnoconte a vivere il periodo d'attesa consolandomi al solo pensiero di vedere arrivare i primi verdoni, svegliandomi al mattino presto per cacciarli sotto le pinete circostanti. A volte, zio Lillino passava dalla campagna per chiedermi semmai avessi udito i primi zirli dei tordi o il chioccolio di qualche merlo. Giammai ricordo di averne sentito il loro verso nella prima decade di Ottobre.
"Ottobre 1969"Eravamo rientrati in città già da qualche settimana, subito dopo l'inizio delle scuole. In città, come sempre, avevo ripreso i contatti con gli amici dell'oratorio e la campagna era solo un felice ricordo dell'estate e del tempo trascorso in totale spensieratezza, lontano dai libri, dalla scuola e dal catechismo.
La nonna Maria, insieme a mio padre, stava organizzando la consueta vendemmia a Tonnoconte dove possedevamo numerosi filari di uva baresana. La voglia di accompagnare la nonna mi ravvivava l'emozione della caccia autunnale, inducendomi a cercare la giusta maniera per ottenere un permesso speciale da mio padre: di certo la nonna era mia complice e mi avrebbe sostenuto. Come fare, allora, per convincerlo a farmi assentare dalla scuola? La soluzione fu cercata nella maniera più onesta possibile, all'ultimo momento, dopo il carosello televisivo: "Papà, mi faresti accompagnare la nonna a Tonnoconte? potrei farle compagnia durante la tua assenza e rendermi utile in caso di bisogno!"
La risposta, negativa, fu secca e perentoria perché non si poteva giustificare un'assenza a scuola già dai primi giorni di ottobre. Andai a dormire sconsolato, dopo un lungo pomeriggio passato a fantasticate immagini di fringuelli, di merli e pettirossi che forse già abbondavano nelle campagne di Tonnoconte avvolte da un magico manto autunnale. Quasi certo di ottenere quel permesso speciale, avevo perfino confezionato alcuni pacchetti da 25 piombini, immaginando una buona giornata di migrazione. La delusione conseguita fu di quelle terribili e angoscianti!
Tuttavia, all'alba del giorno successivo, quasi fosse un sogno, mi sembrò di sentire la voce di mio padre che cercava di svegliarmi: "Alzati"- mi disse- " è tardi e la nonna ti sta già aspettando; solo per questa volta ti accordo un permesso speciale e così un giorno ti ricorderai di me e di questa giornata"! Non me lo feci ripetere due volte.
In pochi minuti, senza consumare la colazione, fui già pronto con indosso gli abiti da caccia e la mia fedele Brema 23 ad aria compressa, ben stretta nella mano destra: l'avventura era appena cominciata e mi stava trasportando beato nelle campagne di Tonnoconte. Piaceri dell'infanzia che non si possono scordare!
Giungemmo in campagna, i contadini stavano già vendemmiando le vigne dietro la casina; tutto intorno, il profumo intenso dell'uva matura inebriava la mia mente di bambino. Le gambe mi tremavano dall'emozione al solo pensiero di rivisitare i posti canonici dove avevo cacciato un'intera estate.
Il cielo sereno, l'aria frizzante di Ottobre, il ticchettio dei pettirossi entrati e il canto dei fringuelli mi tennero compagnia per tutta la mattinata trascorsa a vagabondare sereno negli uliveti di Tonnoconte mentre la nonna, di tanto in tanto, mi chiamava per sentire la mia voce.
Molti uccelletti ebbi a incarnierare in quel lontano mattino di ottobre, appostandomi per ore vicino agli alberi di buttata, oramai spogli del verde abito estivo. La nonna, a metà mattinata, mi preparò un'abbondante colazione che gustai supino tra le vigne di uva, osservando il lavoro degli esperti contadini ai quali regalai il mazzetto di uccelletti per farne un saporito ragù.
Sono passati trentacinque anni da quel magico periodo infantile, la caccia agli uccelletti non mi appassiona già da tempo.
A Tonnoconte non si vendemmia più, i filari di uva sono stati spiantati alla fine degli anni ottanta dopo la dipartita della nonna Maria; gli alberi da frutta, seccati da tempo, sono stati sostituiti da piante ornamentali di alto fusto; la vite canadese di zio Sabino, anch'egli scomparso dalla scena del mondo, riveste la mia casina di un elegante rosso carminio; le olive, da verdi, si tingono di nero già dall'inizio di ottobre. Mia madre è sempre lì, a rivivere e a salutare le stagioni del tempo.
Nello scorso autunno, dopo una breve pioggia, il primo pettirosso è comparso il 26 settembre, ne ho udito l'inconfondibile ticchettio dalla finestra del viale: Tonnoconte è una storia senza tempo, è il passato della mia infanzia, il tempio della mia formazione di cacciatore e di uomo.
Di recente, il Comune ha piazzato un moderno semaforo all'angolo di quella stradina poderale all'epoca ricoperta di bianca ghiaia, mentre i campi seminativi della tenuta De Corato sono stati circondati da un ignobile recinto di ferro grigio che impatta la vista e profana i ricordi di un tempo: forse l'arrivo delle pale meccaniche è imminente? o forse non rivedrò mai più il passo dei verdoni? oppure non udirò il primo ticchettio del pettirosso entrato? e il chioccolio dei merli? Non voglio rispondere a questi interrogativi che turbano i sereni ricordi dei tempi trascorsi a scrutare, giorno dopo giorno, l'arrivo dell'autunno a Tonnoconte.
Ma come sempre, pur nella perduta fanciullezza, anche questo anno sarò lì, a Tonnoconte, a scrutare le prime impressioni di settembre, ad osservare il volo dei verdoni, ad ascoltare il canto dei fringuelli, aspettando l'arrivo del pettirosso con il cuore in tumulto al primo sbattere d'ali.
Racconto tratto da "Il Vento delle Murge"
di Francesco Acquaviva
Foto 1: foto recente della "Tenuta Tonnoconte"
CHIUSURA DELLA STAGIONE DELLA PESCA SUL FIUME AVENTINO
28 Ottobre 2006
"Un'emozione che non ha limiti"
Diciamocela tutta, noi pescatori con la mosca artificiale siamo veramente viziosi, come le trote più anziane del tratto no-kill di Castel di Sangro, a buon intenditore poche parole.. sì, perché le emozioni non ci bastano più, siamo alla continua ricerca di nuove sensazioni che ci permettono di vivere sempre con il cuore in gola, come il nostro primo giorno di scuola.
L’amico-compare Gabriele fa parte ormai dei “malati” della pesca a mosca, sì proprio di quelli che vivono anche di “notte” con in mente una bollata da trota di serie “A” (chiaramente la “A” sta’ ad indicare che la trota è marchiata “Aventino”). Ormai Gabriele parla solo del suo fiume argentato, che nasce in uno dei posti più veri d’Abruzzo. In un primo momento può sembrare che la strada presa sia proprio quella della vera pazzia, mentre, se proviamo ad entrare nel suo mondo fantastico, possiamo constatare di persona che le sue emozioni sono di quelle vere, e che solo sul fiume Aventino si possono avverare.
E’ bastata una semplice telefonata del “compare” per coinvolgere un bel gruppo di persone per una di quelle giornate indimenticabili . Chi lo conosce, sa’ benissimo che è capace di trascinarti dappertutto, parla... parla.. parla all’infinito, però ha la grande capacità di dire poche “cazzate”, da sottolineare poche :)
Passiamo a descrivere la giornata vissuta in quel 28 ottobre 2006, poco tempo fa, ma già sembra ormai un secolo.
Di primo mattino, non mancano le telefonate per accelerare i ritardatari (io sono stato uno di quelli, come sempre..), per lui la puntualità è qualcosa che va oltre, forse anche della pesca, figuriamo chi fa tardi per una battuta con la mosca... la cosa diventa quasi maniacale!
Dicevamo che nella mattinata di sabato, ci ritrovammo nella sede del “bellissimo” DanikaFlyClub di Lama e, da quel momento, nel sangue cominciò a scorrere qualcosa di strano, forse l’aria frizzante o l’energia trasmessa dal calore del sole, però con il passare del tempo, l’eccitazione si faceva sentir sempre di più. Per “calmare” gli animi, andammo a sorseggiarci un buon caffè, dopo di ché, una bella boccata d’aria (a parte il sigaro del comandante romano) per caricarci al punto giusto ed essere pronti a vivere l’avventura...
Foto 1: alcune foto panoramiche della meravigliosa giornata (occhio alla mosca attaccata al ramo)
All’incontro c’erano i pescatori pronti a provare gli ultimi dressing studiati appositamente per l’occasione. C’erano tutti i presupposti per un inizio di giornata alla grande!!
Le presentazioni, la formazione dei gruppi di pesca e via per le sponde del magnifico fiume che, per onorare gli ospiti nel giorno di chiusura 2006,mise in evidenza il meglio di se stesso: acqua chiara, argentea, verde e spumeggiante!
Foto 2: le magiche acque del fiume (argentee e verdi allo stesso tempo)
Come sempre, Gabriele scelse di pescare nel tratto migliore pensando di far catture da record, non sapeva che la giornata gli riservasse delle sorprese, e che sorprese!!
Io, Raffaele di Sorrento e Michele de L’Aquila, ci incamminammo verso valle e, parlando del più e del meno, arrivammo nel punto strategico. Ci predisponemmo in maniera da non incrociare le “code di topo” ed iniziammo così la nostra pescata.
Foto 3: il “malato” pericoloso che cerca di contagiare Raffaele e Michele
Provai a montare una di quelle mosche del Gabry che però non rispondeva al meglio (tutto nella norma,come sempre...), verso le 12, precisamente 5 minuti alle dodici, la prima bollata, il cuore cominciava a farsi sentire e tutto diventava più interessante. Immediatamente cambiai la mosca e decisi di montarne una più vistosa (purtroppo le piccole imitazioni non le riuscivo a vedere a causa delle correnti del fiume e l’intensa luminosità della giornata con abbaglianti riflessi di sole). Montai una classica e sempre catturante Royal-Wulff su amo 14 (chiaramente modificata..).
Risalii il fiume mantenendo la sponda destra, col sacrificio di fare solo lanci contrari, e cominciai così la mia pescata. Dopo 10 -15 minuti catturai la prima trota, in un primo momento sembrò una di quelle che facevano azzittire per un pò Gabry, forse perché ingannato dalle resistenze delle correnti e dalle innumerevoli turbolenze dell’acqua, stà di fatto che quando la tirai fuori dall’acqua vidi subito che non era poi così grande, perciò decisi di fotografarla da lontano e soprattutto non in prossimità di riferimenti che rendessero il pesce poco” fotogenico”.
Dopo circa mezz’ora vidi la seconda bollata, proprio all’inizio di una zona di calma. Cominciai subito ad allungare la coda di topo e dopo due -tre falsi lanci riuscii a raggiungere l’altezza della bollata ed eseguii la posa della mosca. La trota, con ritmo “allegro ma non troppo”, salì in superficie ed afferrò la mia mosca (la ferrata arrivò immediatamente ed iniziò subito il combattimento. Prima risalì la corrente, poi cercò di sparire sotto un cespuglio, all’improvviso saltò sulla superficie dell’acqua sfoggiando i suoi vivaci colori come quelli dell’arcobaleno. Alla fine si arrese e si lasciò fotografare come una delle più famose “star” del momento. La feci ossigenare nel modo giusto e la rilasciai nel suo ambiente naturale.
Foto 4: le mie due “bellissime” trote
La mattinata continuò con la risalita dell’Aventino, pescando sempre in sponda destra (salendo), soprattutto ammirando le numerose bellezze naturali che cercai di immortalare con la mia digitale sempre pronta all’uso.
Il tratto di fiume percorso si alternava tra zone calme a quelle turbolenti, in alcuni tratti addirittura la velocità dell’acqua era talmente alta, da rendere difficoltoso anche l’attraversamento dell’alveo, nonostante avessi gli stivali lunghi.
Ad un certo punto le bollate diventarono sempre più rare e decisi di fermarmi per osservare gli insetti del posto. (Ho dimenticato di dire che nel momento della massima attività delle trote, ci sono delle “schiuse” veramente interessanti,tricotteri, efemerotteri ecc., che rendono ancora più affascinante l’ambiente circostante).
Il sole si alzò sempre di più e tutto diventò più luminoso a tal punto da rendere ancor più spumeggiante l’intero tratto di fiume situato a valle del “ponte di ferro”.
Foto 5: spumeggiante ed ossigenata
Sono anni che ci avventuriamo in fiumi situati a nord, al centro, ed a sud della nostra bella penisola,luoghi indubbiamente eccezionali dal punto di vista di bellezze naturali, possiamo però affermare con certezza che l’Aventino non è seconda ai più bei fiumi italiani, soprattutto per quanto concerne la purezza delle acque. In questo fiume l’acqua è talmente chiara e “profumata” che viene voglia di berla, soprattutto quando nel cielo azzurro splende un sole come quello descritto nella giornata di pesca vissuta. Ricordo che la sete cominciò a farsi sentire sempre di più ma, fortunatamente, lungo il tragitto trovai delle bottiglie in fresco: vino, birra, grappe ecc. ecc. A conti fatti, (e la matematica non è un opinione) la media per persona, andava ben oltre l’ammissibile per un eventuale controllo etilometrico. Resistetti alla tentazione, però lo sguardo andava spesso su quelle bottiglie, per fortuna che proprio in quell’istante, vidi una bollata al centro del fiume ed in prossimità del “ponte di ferro”. Mi accinsi a vivere un’altra emozionante avventura, però non ricordo come accadde, eseguii uno di quei lanci che avrebbero fatto rabbrividire anche un neofita della pesca con la mosca. La trota, spaventata dal rumore che la coda di topo fece nell’impattare l’acqua, fuggì chissà dove, facendomi rimanere con la bocca asciutta per l’emozione mancata. A quel punto decisi proprio di stappare un bottiglione e aspettare gli altri al ritrovo organizzato per l’occasione.
Foto 6: il prezioso frigo naturale
Cercai subito di reintrodurre i liquidi dispersi durante la battuta di pesca (e non solo con l’acqua...) e dal “ponte di ferro” continuai ad osservare le bellezze naturali di questo angolo d’Abruzzo, degustando un buon bicchiere di Montepulciano d’Abruzzo (prodotto in casa dallo zio di Marco).
Il tutto risultò ancora più affascinante, e immediatamente pensai che in tanti anni vissuti in quelle zone, sia per lavoro che per diletto, non mi sono mai soffermato ad osservare con la dovuta attenzione i dettagli naturali che caratterizzano l’intero panorama. Dire che è meraviglioso è sicuramente riduttivo.
Fotografai tutto ciò che mi creava emozioni, ma le foto pur belle che siano, riescono a documentare solo in parte ciò che si vive in prima persona.
Foto 7: le grandi opere della natura
Sembrava quasi tornare indietro negli anni quando il fiume era considerato un bene prezioso e rispettato. Lì, sull’Aventino è ancora così, è evidente l’amore che tutti nutrono per questo corso di acqua sorgiva. Fummo felici di poter godere di tutto questo, grazie soprattutto, alla giornata organizzata dall’amico Gabriele.
Foto 8: il ponte di ferro
La giornata continuò alla grande...
Pian piano arrivarono tutti, per fortuna c’era veramente tanta roba, altrimenti qualcuno sarebbe rimasto a digiuno, perché dopo quella emozionante giornata, la fame si fece sentire sempre di più e nessuno resistette alle tentazioni presenti sul tavolo, persino le “favolose” bruschette preparate dal nostro cuoco Gabry andarono a ruba, certamente per l’enorme appetito, considerando che nessuno fece osservazioni sui tempi di cottura...
Foto 9: le magnifiche bruschette che solo lo chef Gabry sa fare (segreti del mestiere!!)
A parte il risultato discutibile delle bruschette, per il resto fu veramente delizioso.
Salsicce di carne di maiale, di fegato, salamini e tante altre specialità, sembrava quasi di esser in qualche “show” culinario, comunque facemmo “piazza pulita” di tutto.
Alla fine, per onorare la chiusura della “stagione della pesca”, non mancarono le “regine del bosco” della stagione autunnale: le castagne! Accompagnate anch’esse dall’immancabile vino abruzzese,che nel frattempo diventava sempre più buono.. peccato però che il boccione diminuisse di livello!
Foto 10: salsicce di carne e di fegato
Il tavolo diventò sempre più animato, la parola ritornò a tutti i presenti, soprattutto dopo la degustazione degli appetitosi piatti nostrani. Cominciarono a raccontare tutti i particolari della giornata di pesca vissuta (più che raccontare, ad un certo punto, posso certamente affermare che si inventasse di tutto e di più, forse a causa dell’abbondante bevuta). Comunque vorrei ricordare che il tavolo era rappresentato da pescatori, e nei discorsi dei pescatori e cacciatori c’è poco di vero...!
Non mancò la scena tipo “programma Maria De Filippi” (non ricordo il nome della trasmissione), Giampiero incontrò nel bel mezzo della valle dell’Aventino un suo compaesano delle Isole Termiti, voi vi chiederete cosa ci facesse un Tremitese nelle valli dell’Aventino, però dalla foto si riesce a percepire la felicità e l’allegria dei due isolani che si incontrarono in occasione della chiusura della pesca a mosca.
Foto 11: Giampiero e Raffaele, il primo acquisito, il secondo vero Tremitese
Dopo queste belle emozioni vissute, la giornata della chiusura della stagione di pesca giunse al termine, festeggiata con gli amici di avventura. Lasciammo così alle spalle tanti ed ancora tanti bei ricordi, che di certo ci accompagneranno per tutta la stagione invernale, magari vicino ad un caldo caminetto, sbucciando qualche castagna in compagnia di un buon bicchiere di vino e rivivendo così “quella bellissima emozione del 28 ottobre 2006”.
Foto 12: Le regine del bosco “le caldarroste”
Al prossimo incontro..... sperando che sia al più presto!!
“E’ bello condividere con altri una passione come quella della pesca con la mosca, soprattutto quando ci siano persone che riescano ad afferrare ogni piccola sfumatura del luogo che li circonda, così da rendere la giornata di pesca “una bella ed emozionante avventura”.
Alla prossima!
Alfredo Impicciatore
Lama dei Peligni 28 ottobre 2006
Alba d'attesa... (Foto di B. N. Bruni)
Lenti
men lenti
ineguali
s'accendono
i primi sussulti
di piume
tra selvatici pruni
macerati di brina
Sospese ad un filo
di luce,
sfrecciano
ali fugaci
incrociando
bagliori di fuoco.
La valle
ancor pigra,
canta
in un'orgia di voci
l'eterno
cruento amore
del cacciatore.
Domenico Ubaldi
Dalla siepe
brusir lieve
tra brumosi scheletri
silenti,
origlio.
Fantasmi lenti
in ovatta
morbidi
si perdon
nel bruzzo
ghiaccio — cristallo.
Orgasmi di vita
si sfrenano
aliando
leggeri
nel sogno
che incede.
Domenico Ubaldi
Nel vibrar
muto
del silenzio
odo
il ticchettar lieve
del pettirosso
nel profondo fosso.
Secco
zirla il tordo
tuffandosi nel folto.
Dalla siepe
il merlo
lancia messaggi
al pettegolo fringuello.
Nel chiarìo
rosa
bisbiglia la vita:
il cacciatore
ne ascolta
il respiro.
Domenico Ubaldi
Svegliarsi quando ancora in cielo brillan le stelle
camminare con passo svelto, spedito,
per fare presto, per prender un posto buono,
sicuro,
stare in piedi, bagnati, magari per ore,
col fido ausiliare seduto accanto,
da sempre immersi nel meraviglioso incanto.
Marcello M
(ABRUZZO) Mario D'Arcangelo è nato a Chieti nel 1944 e vive a Casalincontrada. Ha pubblicato Come la jerve all'albe, S.Atto (TE), Edigrafital, 2004, pref. Achille Serrao, postfaz. N. Fiorentino.
Ste nuvele che passe
pe cile areschiarate de settembre
penze ca purtarranne le recurde
repuste a la memorie de lu monne.
Tu l'aretruve, se ce huirde dentre,
recunzegnate sane da lu tempe,
mo ch'ha sbanite magge
e lu chiove jamà se n'ha rejìte,
lu ruscegnole è nustalgia doce,
lu hallucce de marze ha revulate.
Stìnnete, terra mé, a vraccia aperte
tra culle e busche e sùleche de vente
arecumposte appresse a la vumire.
E sunne le jurnate
de feste pe le prate,
le stròppele de sole allucentite,
lu cante de le starne a le ssulate.
Mario D'Arcangelo
Le nuvole che passano / nel cielo rischiarato di settembre / io penso che trasportino i ricordi / che il mondo fissa nella sua memoria. // Tu li ritrovi, se ci guardi dentro, / riconsegnati integri dal tempo, / ora che maggio è svanito / e l'assiolo ormai è ripartito, / l'usignolo è una dolce nostalgia, / l'upupa è rivolata. / Stenditi, terra mia, a braccia aperte / tra colli e boschi e solchi di vento / ricomposti appresso al vomere. / E sogna le giornate / di festa per i prati, / le stoppie rilucenti di sole, / il canto delle starne alle assolate. // (Traduzione dell'autore).
Mario Verolini, raffinato e stimatissimo ebanista di Marino (Castelli romani), sin da fanciullo scoprì le varie malleabilità dei legni e l’uso degli scalpelli per l’intaglio. La sua grande passione per la caccia, unita all’animo del sensibile artista, seppero ispirargli autentiche opere di bassorilievo e sculture lignee da considerarsi veri e propri capolavori.
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Le sue origini rurali, abbinate ad una profonda cultura umanistica, hanno sviluppato e raffinato nello scultore quella sensibilità che gli ha permesso di recuperare materiali poveri (noce nostrano, ulivo, ciliegio, ecc.) capaci, tuttavia, di far vibrare le corde del suo spirito di uomo e di cacciatore.
Nelle sue opere, scarne ed essenziali, rivive una natura incontaminata ove piante ed animali, tante volte osservate in momenti magici di caccia, sono assoluti protagonisti.
Risiede a Genzano (Castelli romani).
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