C.P.A.D.
(Caccia Pesca Ambiente Domani)
Casella Postale 36
66023 - Francavilla al Mare (CH)
e-mail: ninobruni@cacciacpad.it
Noi siamo NATURALITER difensori della natura, perchè insieme ai nostri amici pescatori sportivi, micologi ed erboristi, la conosciamo e la amiamo più di tutti gli altri, e sappiamo che essa si salverà solo se sarà preservata dall’estinzione la componente antropica che in seno ad essa vive (in punta di piedi, per così dire) senza l’assillo di sporchi interessi e di speculazioni devastanti.
I DIRITTI DI NOI CACCIATORI SONO ESATTAMENTE GLI STESSI DELLA NATURA!
I carrozzoni clientelari, pseudo-partitici e pseudo-ambientalisti, con la loro PARCOMANIA dilaniante ed infestante, stanno portando il paesaggio allo sfacelo e alla morte: e ciò per assicurare laute prebende ai clienti (papaveri o no) di qualche “EnteParco”!
Il Parco Nazionale d’Abruzzo sta diventando asfittico perchè non ha più il bioritmo della natura autentica.
Qualunque forma di recinzione innaturale uccide l’anima dei viventi che essa imprigiona.
NOI ACCETTIAMO LA RECINZIONE, NATURALE E TEMPORANEA DEGLI ANTICHI STAZZI DEI NOSTRI PASTORI!
Non tolleriamo invece la "recinzione" dei Parchi in fase di istituzione ed istituiti, che ancor più della gabbia del Parco Nazionale sunnominato è contraria ai principi fondamentali dell'eco-biologia, e si risolve pertanto in un imprigionamento mortale della natura vivente. Negli innaturali Parchi cosidetti "naturali" (asfittici perchè non omologhi all'ecosistema) gli animali e le piante muoiono prima dentro (all'insaputa degli zoologi e dei botanici) per poi morire, in prospettiva medio-lunga, anche materialmente nella loro struttura fisiobiologica di specie.
Noi cacciatori possiamo e dobbiamo far sentire la nostra voce, che è in perfetta sintonia con la voce della natura!
Sembra paradossale ma anche parlare di parchi, oggi, in Italia è divenuta un' impresa. Se l'argomento viene trattato da un'ambientalista sognatore è scontato che ne sorga una "beatificazione"; quando, invece, ne parla un'ambientalista- cacciatore sembra che sia d'obbligo stracciarsi le vesti. Noi, appartenenti a quest'ultima categoria, non abbiamo nessuna intenzione di restare in mutande e quindi le vesti non ce le stracceremo. Vorremmo, piuttosto, essere "criticamente" sereni. Ultimamente è uscito un libro del prof. Umberto Gambino "Parchi naturali europei" leggendo il quale si è colpiti dalla assoluta mancanza di omogeneità che esiste oggi in Europa circa la gestione del territorio. Mentre la maggior parte dei paesi dell'Europa settentrionale (Norvegia, Danimarca ecc.) ha puntato a coniugare il concetto di conservazione con quello di sviluppo, altri paesi come Spagna, Francia, Portogallo ecc. hanno puntato molto sulla "umanizzazione" del territorio stesso. In Italia non esiste una "politica" dei parchi per cui ne consegue una mancanza di interrelazioni tra piani di parchi e pianificazione territoriale e paesaggistica. E pensare che attualmente in Italia esistono ben 23 parchi nazionali e 136 aree protette contro i 5 parchi della Germania e i 10 della Spagna e neppure uno in Danimarca. Abituati come siamo ai facili compromessi, da noi i parchi sono divenuti campi di battaglia, merce di scambio, oggetto da museo, una specie di tiro alla fune: da una parte la prepotenza dei crociati ambientalisti, dall'altra gli "estromessi" (popolazioni locali, cacciatori, agricoltori ecc.) segnati a dito come potenziali "attentatori" della natura. I politici? Sono rimasti a guardare, pronti a rapinare, secondo le circostanze i voti degli uni e degli altri. Ma ormai la fune sembra essersi spezzata e i due contendenti sono finiti col c... a terra; e la natura? E' rimasta a ... guardare!
Così è avvenuta la "scoperta dell'ecologia" che con allegra ignoranza e sapiente interesse, la si è identificata con la scienza della degradazione e dell'inquinamento dell'ambiente, nata per sanare ogni guasto e troppo spesso strumentalizzata in questo senso. In realtà la corretta concezione dell'ecologia è quella che la definisce come la scienza dell'economia degli organismi animali avente per oggetto l'economia della natura, cioè i rapporti di scambio fra tutti gli organismi che vivono in uno stesso luogo. Nei mezzi di comunicazione c'è un diluvio di "denunce e appelli ecologisti". Anche gli Assessori, in primo luogo i disonesti, discettano di "impatto ambientale" e di "tutela del territorio". I "Movimenti ambientalisti" e gli "Operatori ecologisti", invocano ed ottengono (pilotandone la formazione) una "legislazione ambientalista". Si è introdotta una nuova categoria di giudizio: il giudizio ecologista. E' sintomatico il fatto che persino l'industria si senta in dovere di propagandare le "auto ecologiche", le "ville pentafamiliari immerse nel verde" e "l'agricoltura intensiva che rispetta l'ambiente". Tutto è ecologismo perchè niente è ecologia. Gli ecologi sembrano estinti e c'è un surplus di ecologisti. Nella civiltà dell'immagine l'importante è apparire, non essere. Due figure particolari emergono fra le "masse ambientaliste": i grandi sacerdoti ed i "professionisti o tecnici dell'ambiente". I primi, avendo fatto dell'ecologia una religione, la fondano sui miti e l'amministrano per mezzo di idoli, feticci e tabù...
I secondi, identificando l'ecologia con la scienza della degradazione, si autopromuovono quali unici abilitati alla "gestione dell'ambiente" e con ciò assicurano la propria sopravvivenza ed il proprio tornaconto. La religione ecologista si risolve in una forma di contemplazione e di rimpianto per la perduta età felice. In ogni caso, il patrimonio degno di essere ricostruito, tanto o poco che sia, è pur sempre ciò che gli abruzzesi hanno saputo conservare, magari al prezzo di rinunce, per mezzo di usi e costumi e non grazie ai modelli culturali imposti come obblighi morali. Ma il politico come le considera? Quali leggi pensa di far valere per esse? I grandi sacerdoti dell'ecologismo sospettano che, oltre alla lontra, anche l'uomo possa avere il diritto di rappresentanza? Chi spiegherà loro che le "fabbriche di natura" altro non sono che allevamenti zootecnici al pari di qualsiasi mandria ed indipendentemente che le stalle siano aperte o chiuse? Per quale grazia essi pensano di poter artificialmente imporre o interrompere una cosidetta catena alimentare e di poterla contemplare come un Dio dopo l'atto creativo? Resta comunque da svelare il mistero per cui l'orso bruno ed il lupo vengano a trovarsi nel giardino dell'Eden laddove per il cinghiale sono solo pene e stenti. Le aree destinate all'esercizio venatorio dovrebbero essere gestite, affidate e riservate ai residenti costituiti in libere Associazioni controllate dal governo regionale. Sarà discutibile dal lato ideologico ed esecrabile dal lato etico, ma dal lato pratico è incontestabile che il primo sostenitore dell' "abbondanza di selvaggina" è l'uomo cacciatore perchè essa costituisce l'oggetto primario del suo interesse. Il cacciatore conosce anche le esigenze delle popolazioni ed è disposto sia a tutelarle che ad integrarle ed intervenire in prima persona durante ogni calamità naturale e non (leggi incendi dolosi). Ma perchè ciò si verifichi è necessario assicurare l'esclusività del rapporto uomo-territorio.