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Micologia: Flash sui funghi antidiabetici

L’impiego dei funghi per scopi terapeutici è diventato il fiore all’occhiello della medicina mondiale quando alla scoperta per merito di Fleming delle proprietà antibiotiche del Penicillium notatum - implacabile sterminatore di stafilococchi, ben presto coadiuvato dal ‘gemello’ P. chrysogenum - ha fatto séguito la produzione industriale della penicillina, sia pure con un deplorevole e colpevole ritardo di quasi quindici anni, a partire dal 1943.

Incoraggiata da quello straordinario successo di portata planetaria, la scienza medica si è data collateralmente a cercare con sistematicità anche nell’area dei macromiceti - non solo dei funghi microscopici - le armi decisive per debellare gli agenti patogeni usciti indenni dalla distruttiva e salvatrice aggressività della penicillina, in special modo quelli del cancro, malattia tuttora indomabile. Fra i tanti funghi superiori che sono risultati anticancerogeni e di cui si tratterà qui prossimamente, merita una menzione speciale - oltre al Pleurotus ostreatus e alla Armillariella mellea, entrambi popolarissimi - la famigerata Amanita phalloides (“tignosa verdognola”, velenosa mortale), che peraltro potrà essere piegata ad efficaci impieghi terapeutici solo quando si riuscirà a indirizzare in modo selettivo i suoi principî altamente tossici - in particolare l’amanitina e l’amanullina (quest’ultima anche antileucemica) - contro le sole cellule tumorali, lasciando sostanzialmente integre le cellule sane. Né sembri strana l’adozione di sostanze venefiche nella prassi terapeutica: i nemici della salute insediati nel corpo umano - germi patogeni o virus che siano - vanno annientati, ed ovviamente le armi più idonee a tale scopo sono i potenti veleni dei loro nemici miceti, che la scienza ha il compito di trasformare in nostri amici e alleati col ricorso alla selettività ‘chirurgica’ di cui sopra: gli antichi Greci diedero sapientemente lo stesso nome, phármakon, sia al “medicamento” sia al “veleno”, e non è un caso che anche quest’ultimo sia in vendita, appunto, nelle farmacie.

Poiché l’eziologia del diabete, altra malattia grave e insidiosa, chiama direttamente in causa la dietoterapia, possono essere di qualche utilità per gli interessati le esternazioni più o meno perentorie formulate da illustri micologi in merito alle proprietà antidiabetiche di alcuni funghi superiori.

1. A proposito della Psathyrella hydrophila [(Bulliard) Maire] il micologo Guido Stecchi scrive che “pare abbia la proprietà di eliminare lo zucchero dalle urine dei diabetici”.


Foto 1: Esemplari di Psathyrella hydrophila

2. Un fungo congenere dell’hydrophila, la Psathyrella candolleana - così chiamata da Elias Fries in onore del collega De Candolle, che l’aveva ‘battezzata’ con la denominazione Agaricus violaceus-lamellatus - conterrebbe principî ipoglicemizzanti, pur non avendo la stessa efficacia dell’insulina: “Sans pouvoir remplacer l’insuline, la Psathyrelle de De Candolle aurait d’intéressantes vertus hypoglycémiantes” (Jean-Louis Lamaison). La candolleana è di taglia relativamente piccola ma più grande di quella dell’hydrophila, che le rassomiglia molto sia per la straordinaria fragilità sia per il buon sapore e il gradevole aroma fungino, e se ne differenzia per il suo habitat ‘domestico’ (predilige gli angoli umidi dei cortili), diverso da quello generalmente selvatico della candolleana.


Foto 2: Esemplari di Psathyrella candolleana

3. La Collybia dryophila [(Bulliard) Fries] sembra possedere, secondo un’opinione registrata da Riccardo Mazza, “la proprietà di abbassare il tasso di zucchero nel sangue”.


Foto 3: Esemplari di Collybia dryophila

4. Last but not least, il pregiatissimo fungo primaverile Tricholoma georgii [(Fries) Clusius] - sinonimizzato con Lyophyllum georgii e Calocybe gambosa, e chiamato volgarmente con svariati nomi, fra cui “fungo di san Giorgio”, “spinarolo”, “spignolo”, “prugnolo” - ad avviso del dottor Potron citato dal Romagnesi vanta, fresco o essiccato che sia, “proprietà ipoglicemizzanti tali da eliminare lo zucchero dalle urine dei diabetici anche quando l’insulina risulta inefficace alle normali dosi” (Guido stecchi, Ilario Filippi, Carlo Alberto Bauer).


Foto 4: Esemplari di Tricholoma georgii

Va da sé che anche le altre specie fungine commestibili senza riserve - le tossiche e comunque incommestibili essendo riservate agli esperimenti di laboratorio - meritano di essere raccomandate ai diabetici, dato che notoriamente contengono percentuali irrilevanti sia di zuccheri sia di grassi.

Raffaele Di Virgilio

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